GIOVENTU’ ITALIANA DEL LITTORIO
dopo la guerra avevano staccato “del littorio”
e adesso si leggeva solo “gioventù italiana”
ma il direttore era sempre lo stesso testa di cazzo fascista.
Tra il cancello e l’ingresso ci sono una cinquantina di metri o forse più
ma solo a vedere tutta quella scalinata e quell’edificio così grande
mi prendeva l’angoscia, se poi c’aggiungiamo
che per la prima volta ero lasciato solo
avevo una nodo alla gola e una roba dentro il petto
che non riuscivo manco a camminare.
Per Zio Claudio era tardi e aveva fretta, mi aveva lasciato al cancello
e mi aveva detto di andare su per quelle scale
che poi la porta l’avrei trovata di sicuro, ce n’era una solo.
“Digli al direttore chi sei che c’ho parlato io e vedrai che ti tratterà bene”
pensai che se ero arrivato fin lì toccava andare avanti e avanti andai
e non mi venne neanche una lacrima
anche perché zio m’aveva detto che ormai ero un uomo
e dovevo cavarmela da solo, una valigetta per mano e via.
“Vedrai che dopo i primi giorni ci starai bene”.
Avevo otto anni e quello era il mio primo giorno di collegio.
e quell’odore di cucina, di cavoli stracotti e chissà cos’altro
che mi passò dal naso allo stomaco il primo giorno
lo ritrovai tutte le mattine dei successivi tre anni.
Sentivo la mancanza di casa e nello stesso tempo
maledivo mamma che m’aveva messo lì dentro
e tutte le settimane toccava scrivere a casa
dicendo che si stava benissimo
sennò ti facevano riscrivere la lettera finché
non era fatta come dicevano loro e loro erano le “signorine assistenti”.
La cena della prima domenica fu un piatto con marmellata e stracchino
non avevo mai mangiato quelle due robe insieme,
mangiai solo la fetta di pare
e lasciai lì il piatto senza toccarlo, quando ci si alzò per andar via
La signorina mi disse di mangiarlo e al mio rifiuto chiamò il direttore.
“ A te montanaro t’insegno io come si fa a essere civili”
E fra lui e la “signorina “ mi ammazzarono di botte
e la domenica successiva stesso trattamento
finché non decisero che per la cena della domenica
dovevo andare di nascosto in cucina dove mi facevano
un panino con qualcosa.
Ero pieno di lividi e avevo vinto la mia prima battaglia
Dopo un po’ con qualcuno si diventa amici e io avevo Fabbri
che era compagno di classe e vicino di letto,
qualche volta ci lasciavano in refettorio per aiutare a pulirlo
e succedeva che poi ci davano un pezzo di pane con qualcosa,
una sera che ci diedero pane e mortadella ci mettemmo
tutti due su un letto (non ricordo se il mio o il suo) a mangiarlo.
Quando la mattina ci trovarono addormentati su un letto solo
ci mandarono dal direttore che urlando ci chiedeva
chi avesse fatto la femmina e siccome nessuno dei due rispondeva
arrivavano bacchettate sulle mani a non finire.
Ecco, questo è stato il mio primo approccio col sesso,
botte da orbi!
Per la cronaca mi pare che non ci siano stati significativi miglioramenti
Adesso son qui a scrivere ste cose e pare che voglia emulare
De Amicis col suo libro cuore, no,
sto raccontando solo quel che è successo a me
e francamente non dico nemmeno tutto
perché dentro il collegio le angherie erano davvero tante
e c’erano anche diverse fastidiose preferenze
come quella di dare la fetta di limone dopo l’olio di fegato di merluzzo
solo a chi pareva a loro.
A dieci anni avevo ormai imparato a buscare in silenzio
tanto che una volta verso la fine della scuola
il direttore mi disse che non c’era gusto a menarmi
e mentre mi passava dietro mi diede una bacchettata sulle gambe nude
mi voltai di scatto e guardandolo in facci gli urlai
“Mena quanto vuoi tanto un giorno torno e ti ammazzo”
Lui era grande e grosso ma giuro di avergli visto la paura in faccia.
Mi mandarono a casa e per l’anno dopo mamma,
disperata, dovette cercarmi un altro collegio.
Immagina da googlee arth