Antefatto:
Alla fine della guerra i soldati tornavano a casa,
e per molti di loro la lontananza di una donna era parecchio
più pesante
delle fatiche, delle
delusioni di una sconfitta e di tanti anni di tribolazioni
ed era normale che prima di arrivare a casa facessero una
sosta rigenerante
nell’unico bordello della città.
File interminabili si formavano davanti alla porta della casa
anche perché tutti volevano solo lei, la Fatora ,
che, proprio come un fattore governa il podere, lei governava
la casa.
Si racconta che anche il marito, al ritorno dal fronte,
dovesse mettersi in fila per entrare e non ci furono
ragioni,
nessuno si fece convincere che quel poveretto dovesse
entrare davvero in casa sua.
La fama della Fatora era facilmente arrivata nell’entroterra
e i giovani partivano a frotte per la città organizzati in
gruppi di motociclisti
lasciando le madri a pregare in silenzio per la loro salute.
La Graziusina era vedova da sempre dopo che Nino gli era
morto in miniera
e da quella volta tenne il lutto stretto e fece l’orto
( si dice così per dire che si faceva i fatti suoi senza
dare troppa confidenza),
ma non mancava però di sentenziare in maniera tagliente
tutte le faccende che le venivano all’orecchio.
Una delle cose che sopportava meno era il fumare delle donne
e quando ne vedeva una con la sigaretta in mano se ne usciva
con:
“La fomma com cle fadori” (Fuma come quelle fattore)
credendo che la Fatora fosse veramente la moglie di un
fattore
e che faceva anche un altro mestiere.
e che faceva anche un altro mestiere.
Veramente quella frase, che era ormai diventata un epiteto
tipico del paese,
la rivolgeva anche alle non fumatrici che, secondo i suoi
canoni,
potevano sembrarle poco serie.
Quando le nacque il nipote sperò, senza dirlo, che lo
chiamassero come il nonno,
ma il figlio e la nuora preferirono dargli il nome di Fabrizio
lei però, cocciuta com’era, fin dal primo giorno
lo chiamò Nino e così quel cristiano si ritrovò con due nomi
dividendo il paese in due partiti, quello della nonna che lo
chiamava Nino
e quello dei genitori che lo chiamava Fabrizio.
Il tempo trascorse come quello dei paesi e un giorno Fabrizio-Nino si sposò.
Gran festa e tutto il paese invitato, c’era anche un
animatore venuto dalla riviera
che con un microfono in mano s’aggirava tra i tavoli
intervistando questo e quello.
Ogni tanto qualcuno
batteva il coltello nel bicchiere per richiamare l’attenzione
e lui correva con quel gelato in mano a trasmettere lo
stornello.
Ad un certo punto il gelataio si avvicina alla nonna e
ridendo le rivolge la domanda:
“Signora Graziusina cosa ne pensate di questa bella moglie
del vostro nipote?”
La sala si blocca, i camerieri restano coi vassoi in mano
la gente con le forchette a mezz’aria e la bocca aperta
il figlio sbianca e il nipote trema, sono attimi di panico
la cosa non è certa ma pare che sia andata via anche la luce.
la cosa non è certa ma pare che sia andata via anche la luce.
Lei, la vecchietta, che per la prima volta in vita sua si
sentiva chiamar “signora”
dovette pensare subito a una inammissibile presa in giro
e messa da parte ogni auspicabile benevolenza rispose:
“ La fomma”
“Come ha detto?” l’interrompe quello che ormai è creduto da
tutti un coglione guastafeste
Senza scomporsi, nel suo vestito nero e il fazzoletto in
testa la Graziusina risponde:
“La fomma… ……………. e basta”
Ecco che una vedova di paese , minuta e sgualcita dall’età
riesce,
come un poeta, a
racchiudere in una sola parola un pensiero complesso, un concetto,
quel “e basta” è sufficiente a fare dell’ignara Luigina una ragazza rispettabile
magari con qualche peccaminosa sigaretta fra le dita
ma che possa essere considerata tale da tutta quella metà di
paese del partito Nino
e nello stesso tempo vengono riabilitate tutte le fumatrici
sia autoctone sia foreste,
qualsiasi marca di sigarette fumassero e anche la pipa, il
sigaro o il trinciato forte.
Fabrizio, riconoscente, chiamerà
Ninetta la prima nata e Graziano il secondo
purtroppo la Graziusina non lo saprà mai.