giovedì 20 agosto 2015

Dal 17 al 3 (quinta di 5)




“Pronto capitaneria di San Benedetto del Tronto, qui imbarcazione AB1234D
chiediamo il permesso di ormeggiare al transito, passo”
Mi rispondono che non dispongono di posti al transito
e mi danno il numero della società che gestisce il porto.
Arrivati a San Benedetto del Tronto alle 8 di sera dopo una navigazione tranquilla
con la pioggia che ci circondava ma che non ci ha mai raggiunto.
Ormeggio 40 euri che comprendono luce e acqua. Altre 60.3 miglia alle spalle.
Doccia veloce in barca e poi fuori. Sulla banchina c’è una festa con cena,
mi avvicino al banco, dico che noi non c’entriamo niente
"Siamo quelli ormeggiati qui di fianco"
"Venga da questa parte"
e mi riempiono due piatti di rosticini, salcicce e patate arrosto
poi passano con pomodori che sembrano bistecche, birra e anguria.
Le Marche che cuore la gente!
Ringraziamo e ce ne andiamo in città dove c’è la notte bianca.
Ascoltiamo un gruppo che rifà i successi dei Pink Floyd
e alle una andiamo a letto.
Alle due arrivano 5 messaggi con foto del meteo mandati da Max;
è straordinario, trova il modo di rompere anche quando non c’è.
Partiti da San Benedetto alle 7 e mezza, all’uscita timona Luciano
“Oh, sta un po’ più nel mezzo”
La chiglia scivola sulla sabbia del fondo e la barca rallenta,
retromarcia al volo e si riparte (è culo!).
Navigazione tutta a motore fino ad Ancona poi vela fino a Senigallia.
Chiamato Paolini. Pranzo di fortuna
nel senso che iersera non abbiamo fatto cambusa
e oggi c’è pane duro, tonno o simmenthal, a scelta,
il vino (Chiaretto del Garda) fresco non è mai mancato.
La solita commediola con la Capitaneria di Senigallia e ormeggiato alle 19.
40 € anche qui, però qui abbiamo anche la doccia calda con chiave personale
(che mi sono scordato di riconsegnare e adesso è qui davanti a me)
Cenato alla Lega Navale, conoscevo già l’ottimo ristorante a prezzi stracciati.
In città c‘è il Summer Jamboree, una bellissima festa in cui tutti ballano
e vanno vestiti come negli anni 50 con musiche dell’epoca,
Nonostante la stanchezza mi son perso volentieri tra le bellissime musiche
degli albori del rock, anni spensierati, di grande crescita, diversi da adesso
ma abbiamo bisogno anche di queste cose.
Partenza alle 8 e mezza perché prima il benzinaio aveva da fare (?)
ero convinto che facesse il benzinaio
invece mi dicono che prima innaffia l’orto.
Mare mosso poco vento e dritto sul naso aria fresca.
E’ l’ultima tappa, sono stanco, i piedi mi fan male
ma qui tocca ancora stare in piedi perché è pieno di allevamenti
e tutti mettono le nasse per la pesca delle seppie
e andare col pilota automatico è pericoloso.
Arriviamo al traverso di Marotta,
qui sono stato in vacanza per anni quando i bambini erano piccoli
bei tempi, si lavorava in pieno e i partiti non erano tutti uguali,
avevamo ben preciso cosa volesse dire avere una idea politica
una specie di lume, una coscienza che ti fa ragionare su cosa sia giusto,
oggi è tutto confuso, dicono che le ideologie sono roba sorpassata e deleteria,
sarò vecchio ma sono troppo affezionato alle mie idee giovanili.
Ero comunista e mi piaceva esserlo, forse lo sono ancora
ma mi manca quella piacevole sensazione di essere dalla parte giusta.
A Marotta c’è la casa della Paola compagna di scuola
che un giorno dovrò andare a trovare che ogni tanto me lo dice e io non vado mai.
Torrette; Penso a tutto questo viaggio,
lo vedo come fosse un film americano dove il viaggio è un modo per ritrovarsi,
al contrario che da noi che è sempre una valigia legata con lo spago, una emigrazione,
io non so se mi sono ritrovato, ho avuto pensieri buoni e cattivi,
ho visto il mare e solo lui, senza terra intorno
e di notte, più che di giorno, è paurosamente vuoto,
sapere che sotto di te ci sono duemila metri o dieci non è la stessa cosa
e non è come camminare al centesimo piano di un grattacielo o a piano terra,
avere tanto mare sotto e niente all’orizzonte ti fa pensare
che andare a fondo vuol dire non avere una tomba tua
e io perdio alla mia tomba ci tengo, la fatta nonno perché ci voleva tutti lì
e lì vorrei andare sennò magari s’incazza anche,certo non subito;
nonno sa aspettare, ha aspettato tanto in galera sotto Mussolini aspetterà anche me.
L’esser soli in mezzo a tutta st’acqua fa pensare
a molte delle cose che non pensi di solito serve a cercarti
e anche a capire i perché delle scelte fatte nella vita,
era anche questo il senso che cercavo nel mio viaggio,
non so ancora cosa ci sarà di diverso da prima a dopo
ma in questi giorni mi pare di apprezzare più i silenzi che le parole,
forse passerà ma per adesso sto bene così.
Metaurilia poi Fano sassonia mancano sette miglia e mezzo;
abbiamo navigato ai margini di tre mari
ma in tutti abbiamo potuto vedere quanto la nostra stupidità
ci porta a voler male alla natura, la sporcizia è sovrana
anche al largo dove non te l’aspetteresti,
abbiamo trovato bottiglie e sacchetti di plastica, cassette di pescatori
boe alla deriva e perfino palloni e palloncini col filo ancora attaccato.
è del tutto inutile che costruiamo depuratori per “ripulire” i nostri scarichi
quando poi mettiamo nel mare porcherie
che fanno altrettanto male al sistema.
Dovremmo imparare a comprare solo quello che ci serve davvero
e a buttare solo quello che non è più utilizzabile.
E anche le coste così belle e varie sono diventate un susseguirsi di brutte case
una colata di cemento che non lascia spazio al paesaggio
che a volte è scosceso e pieno di grotte, altre bruciato dal sole e dal vento
o di colline con campi lavorati, proprio questa varietà che ci rende ricchi
l’abbiamo quasi completamente annullata
per l’egoismo di avere due camere al mare.
Fano lido 6 miglia all’arrivo, forse lì oggi c’è la mia Bianca
che soffre facendo finta di ridere perché mi ha detto
che babbo e mamma non si vogliono più bene.
Non mi riesce in questo momento di fare una analisi
del perché succedano queste cose, è troppo il coinvolgimento personale
per un esame lucido e sincero ma anche per questo il viaggio è servito,
nei lunghi momenti di noia si cerca di trovare un bandolo che ci aiuti
a risalire alle cause e anche alle soluzioni dei problemi che ci affliggono
forse non riuscirò a risolvere niente
ma l’essermi letto senza pressioni esterne
mi ha certamente aiutato a capire cosa voglio
anche se non sarà servito a trovare il modo giusto per ottenerlo.
Mancano poco più di tre miglia ma questa tratta che poi è la più corta
pare non finire mai, alla fine del mio viaggio avrò compiuto 896 miglia
per capirci meglio sono 1660 chilometri
e sebbene fossimo sempre in due sulla barca
credo di aver passato più tempo con me stesso che con altri.
900 miglia di esperienza, con venti e mari diversi ormeggi in rada e porti
che mi hanno fatto crescere come diportista, ho cambiato le vele,
le ho messe a riva e ammainate, le ho regolate al vento, ho vinto la paura
e resistito al mal di mare, ma non credo di essere diventato un marinaio,
un marinaio è altro ancora, e io ho ancora tanto per esserlo.
Arriviamo al porto che sono le una, c’è solo la moglie di Luciano
è anche un po’ scoglionata, fra un po’ arriveranno i miei,
ci stringiamo la mano e ci promettiamo di vederci i prossimi giorni. 

domenica 16 agosto 2015

Dal 17 al 3 (quarta di 5 parti)



Si passeggia per il centro affollatissimo,
la città è bella con un centro storico ben tenuto,compro un telefono.
Al ritorno faccio gasolio, cena con riso di Venere.
Stamattina passeggiata di nuovo nel centro, stasera arriva Luciano,
dietro il porto c’è un bunker della seconda guerra, si fa il bagno tra le rocce.
Max prende le cozze tra i massi di cemento e le pulisce stando in acqua,
dopo un po' che sta lì torna alla barca e mi dice che s'è alzata la nebbia
"Quale nebbia, c'è un sole che spacca le pietre!"
Ha gli occhi fosforescenti e vede annebbiato,
trova una farmacia che gli vende una ciofeca che non fa niente, vede sempre nebbia.
Arriva Luciano, si va a spasso per il centro,
metto qualche moneta nel cestello di un mimo che mi dà un biglietto con scritto
“A provocare un sorriso è quasi sempre un altro sorriso 18 71 59”.
Si va a mangiare un brodetto vergognoso che mi costa 100 euri.
Ci alziamo alle 5 e mezza Max dice di essere cieco e non vuol partire
non vuole neanche che rimaniamo lì con lui a cercare un oculista,
non dovremmo lasciarlo lì che non vede manco un prete tra la neve ma lui insiste.
Partenza alle 6 senza Max, poco vento e poco mare in compenso tanto sole.
Alle nove chiamo Paolini, Luciano dorme, telefona e smanetta col cellulare.
Chiamo Max che mi dice che è in visita da una oculista.
Arriviamo a Savelletri alle 7 di sera e ci vengono a prendere gli amici di Luciano
che ci portano in una villetta a mangiare come lupi,
tutta roba locale, verdure dai sapori intensi e mai sentiti; questa è una gran terra.
Ci riportano in barca che dormiamo già prima di entrare nel letto.
Oggi abbiamo fatto 70.7 miglia che sommati agli altri fanno 591.4.
Il tipo che ci ha aiutato a ormeggiare ci ha promesso luce e acqua
ma non si vede ne’ lui ne’ loro e allora partiamo.
Mare poco mosso e vento da nord sole che arriva a 43 gradi
bevo come un cammello e non faccio una stilla di piscia
a proposito, il bagno puzza come un vecchio vespasiano.
Alle nove chiamo Paolini, Luciano dorme, telefona e smanetta col cellulare,
ogni tanto mi racconta una avventura con quella che sta al telefono.
“Questa l’ho conosciuta in Brasile, ha il culo più bello del mondo,
fa la spogliarellista ma la dà solo a me perché mi vuole bene”
“Beato te” volevo dire “beota” ma sono troppo buono.
Arriviamo a Trani alle 4 del pomeriggio dopo 53 miglia, fatto gasolio (€112 )
non chiedo il permesso ma telefono alla Lega Navale che mi garantisce un posto
non era mai successo finora e non succederà più.
L’ormeggiatore Luigi ci fa vedere una tartaruga
che ogni tanto tira fuori la testa dall’acqua e che è lì nel porto da una settimana.
Max telefona, gli hanno diagnosticato sovraesposizione ai raggi UV,
gli hanno messo due gocce per occhio e adesso ci vede.
Giriamo per il centro, la città è bella, mangiamo una montagna di pesce
al ristorante della Lega, totale 32 euri. In cuccetta mi addormento subito,
Luciano telefona e smanetta col cellulare.
Partenza alle 6, navigazione con mare poco mosso e vento di 15 nodi, motore a 2000 giri,
sole caldo, troppo, di sotto arriva a 43 gradi, si scende solo per bere.
Alle nove chiamo Paolini ma non c’è campo, Luciano dorme,
se non dorme smanetta col telefono, pranzo con simmenthal.
Arriviamo a Vieste alle 13 dopo aver chiamato la capitaneria che risponde come al solito.
Altre 39.2 miglia e siamo a 683.6.
Il porto è bello con le case che gli si affacciano
che fanno pensare ad uno sviluppo caotico e selvaggio (praticamente fanno schifo)
la città però è viva e il centro bello con le viuzze strette
fatte apposte per contrastare le scorribande dei Turchi
che su una via larga sarebbero arrivati in massa ma su vie strette arrivavano due alla volta
e potevano essere ammazzati più facilmente.
Passo il pomeriggio a far docce col tubo del marina, la sera pizza,
sono talmente sfinito che non riesco neanche a sentire il sapore della pizza,
mando giù un pezzo dietro l’altro aiutandomi con la birra.
Partenza alle 6, si incomincia presto a ballare con mare al traverso
prima riduciamo la randa che ci fa andare all’orza poi anche il fiocco,
Palinuro (Il timoniere di Ulisse e il mio timone automatico)
perde i colpi e non ce la fa a tenere la rotta
e allora prendo il timone e cerco di fare meglio di lui ma non è facile
fortuna che la barca è brava.
Le onde si fanno via via più alte fino ad arrivare a più di 2 metri e mezzo (stima di Luciano)
certo, non saranno “le onde adulte della Gauscogna” (come cantavano i New Trolls)
ma fanno tribolare anche queste, il vento arriva a 28 nodi e la barca, sebbene a volte sbandi
con la falchetta in acqua fila via liscia fino a raggiungere gli 8.2 nodi.
Chiamo Paolini (che palle sta chiamata quotidiana)
 Luciano dorme e se non dorme smanetta col cellulare.
Alle tre del pomeriggio il vento cala e apriamo tutto il genoa
arriviamo con 7.2 nodi fino a Vasto alle 5 e mezza.
Ho fatto nove ore di timone e sono sfinito e digiuno
ma soddisfatto per la bella cavalcata di 69.4 miglia.
Alla capitaneria mi hanno detto che il posto ce l’hanno
ma me lo danno solo se il marina è pieno
(non hanno voglia neanche di riempire un modulo)
Cenato in un ristorante raccomandato da Gennari  (amico di Paolini)
che in cambio della dritta vuole qualche peperoncino locale,
brodetto ordinario senza difetti ma senza lode in tavola vino Trebbiano, 70 euri
il vino non c’entra niente col brodetto
e i 70 euri non c’entrano niente con tutto quanto.
Ho lasciato il telefono al ristorante e la mattina ci tocca aspettare

che qualcuno apra per recuperarlo quindi partiamo alle 8.30.



venerdì 14 agosto 2015

Dal 17 al 3 (terza di 5 parti)



Si dorme sereni tutta la notte anche se ogni tanto arriva un’onda che ci sbatte un po’.
Partenza ore 5.45, cielo velato, mare calmo, vento 5 nodi.
alle nove chiamo Paolini, alle 11 scendo sotto coperta e sento un rumore strano
“Senti anche te sto rumore?”
“Si, è da mezz’ora che lo sento ma non so cos’è”
cerco in giro e scopro che la pompa di sentina è accesa,
ha sbagliato a premere il pulsante sul quadro
ma non si è interessato perché faceva quel rumore,
a lui che gliene frega? Non dico niente e spengo.
“Pronto capitaneria di Rocella Jonica, qui imbarcazione AB1234D
chiediamo il permesso di ormeggiare al transito, passo”
Mi rispondono che non dispongono di posti al transito
e mi danno il numero della società che gestisce il porto.
L’ingresso è in parte insabbiato, si passa tra le boe e la massicciata,
il porto è grande e bello potrebbe avere parecchi servizi
ma pare che non sia decollato e allora non c’è niente.
Altre 79.7 miglia percorse che in tutto fanno 366.9
Per andare in paese c’è la sezione bersaglieri che affitta le biciclette a offerta
a me sarebbe piaciuto avere anche il cappello con le piume e la trombetta ma non li affittano,
me ne hanno data una con tre ruote e il cestello davanti
che va dritta anche se giri il manubrio
per poco non mi mettono sotto mentre attraverso la strada.
Abbiamo fatto spesa alla Conad e siam tornati in barca sotto un sole che squaglia.
Partenza alle 17.30, mare calmo vento 7 nodi motore al minimo,
fulmini da sud a ovest ci accompagnano tutta la notte,
Max dorme in dinette per non sentire il rumore del motore
ogni tanto si alza, caccia la testa nel frigo, va al cesso e s’affaccia dal tambucio
chiede come va e se ho bisogno del cambio “No grazie va bene così”
Torna a dormire. alle tre esce e dice che quei temporali vanno tenuti d’occhio
si accascia sui sedili del pozzetto e si mette a russare.
E pensare che io avevo creduto che li tenesse d’occhio lui!
Alle 5.30 lasciamo Capo Colonna e ci avventuriamo nel golfo di Taranto.
Max ha letto le previsioni, dice che arriverà vento sui 10 nodi
ma qui non si vede niente dopo un po' ricontrolla il meteo
e dice che forse ha scambiato chilometri per nodi.
Guardo l’orizzonte e vedo solo mare per 360 gradi.
A volte col binocolo vedo una barca lontana che fa rotta verso la Grecia
e mi rincuora il fatto di non essere solo qui in mezzo.
Forse è la paura della solitudine che fa stare insieme tanta gente che non si sopporta
è possibile che gli eremiti siano gli unici che abbiano superato questo horror vacui.
Alle 5 e mezza di sera arrivano i delfini, giocano una decina di minuti e poi se ne vanno
e io mi ricorderò per sempre che un animale m’ha fatto contento
in un pomeriggio bruciato dal sole, chissà se lo sanno anche loro, forse si.
Vedo una barca scura all'orizzonte, Max mi chiama per la cena,
dò un'ultima occhiata, vedo le vele e il fianco di dritta,
realizzo che non abbiamo rotte convergenti e vado sottocoperta.
Mentre mangiamo vedo un'ombra che passa, corro al timone
era lei, la barca scura che c'è passata a cinque metri al massimo
non vedo nessuno a bordo, caccio un urlo ma nessuna risposta.
mi prende la paura e quando incrociamo un'altra barca sto ben distante
ma quella si avvicina, sono inglesi e ci salutano.
Arrivo a Santa Maria di Leuca alle 22.30, buio pesto, non trovo il porto nemmeno col GPS
vorrei continuare fino a giorno e approdare in un altro porto
ma lui dice che è più intelligente fermarsi qui.
Luciano telefona a Max e dice che vuole incontrarci a Otranto
“Ma ci fermiamo a Otranto?”
“Si, lì lui ci può raggiungere più facilmente”
“Immagino che sia un’altra decisione intelligente delle tue”
“Pronto capitaneria di Santa Maria di Leuca, qui imbarcazione AB1234D
chiediamo il permesso di ormeggiare al transito, passo”
Mi rispondono che non dispongono di posti al transito
e mi danno il numero della società che gestisce il porto.
Chiamo ma nessuno risponde, chiamo anche sul canale 12 ma silenzio.
Max mi indica il fanale verde che lampeggia, ma non riesce a vedere il rosso,
prendo il binocolo e vedo una bella scritta verde lampeggiante "BAR",
dopo un po’ di giri finalmente vediamo l’ingresso dietro a un bastimento a due alberi
impavesato di luci che ci abbagliavano e non ci facevano vedere i fanali.
Entriamo e ci mettiamo all’inglese alla prima banchina
Max scende al volo e si mette a tenere ferma la barca con le mani
io a poppa cerco di tenerla e aspetto che lui leghi la prua
ma mi dice che s'è scordato di prendere la cima d'ormeggio
allora scendo io con la cima della prua ma scivolo
mi scortico un ginocchio e sento il tipico rumore di un telefono che cade in un porto
è il mio, gli ho dato un calcio mentre cadevo.
Mi dice che non ce la fa più a tenere la barca
" Porca vacca! Come cazzo si fa a scordarsi la cima d'ormeggio, dovevi fare solo quello!
Adesso la prua è a posto, torno su e gli lancio una cima per sistemare la poppa
“Fammi un doppino”
“Allora dammi anche l’altro capo”
“Che cazzo ci fai con l’altro capo, mi devi dare il tuo”
Il ginocchio mi fa male ma adesso non ho tempo di guardarlo
lui è di nuovo nel pallone e va su e giù per il pontile tocca tutto come fosse matto.
“Sta buono, adesso siamo a posto monta su e andiamo a letto”
entra borbottando che pare incazzato.
Siedo sulla panca e guardo il ginocchio, una riga di sangue quasi secco arriva fino al calcagno
Disinfetto, incerotto vomito un po' e vado a dormire,
Anche oggi sono 128 miglia, in totale 494.9, abbiamo passato la metà.
Al mattino è arrivato puntuale l’ormeggiatore che ci ha chiesto 48 euri
e ha voluto l’indirizzo per mandarci la ricevuta (non arriverà mai)
Partiti alle sette, alle nove ho chiamato Paolini
tratta insignificante, anzi stupida, avremmo potuto andare più su
senza perdere tante miglia e senza perdere un giorno per aspettare Luciano.
Sembra una cosa da niente ma un giorno e venti miglia vogliono dire molto.
“Pronto capitaneria di Otranto, qui imbarcazione AB1234D
chiediamo il permesso di ormeggiare al transito, passo”
Mi rispondono che non dispongono di posti al transito
e mi danno il numero della società che gestisce il porto.
Arriviamo a Otranto alle due del pomeriggio dopo solo 25.8 miglia
 (potevamo farli la notte passata) che sommati agli altri fanno 520.7
Max scalpita e ha fame, vuole andare in un ristorante
“E il riso di Venere?”
“Lo mangiamo stasera”
Io mangio un primo e poi mi allontano dal tavolo per vedere il gran premio d’Ungheria
lui ci aggiunge una impepata di cozze e una frittura.
Quando torno al tavolo russa con la testa riversa indietro e la bocca spalancata,
la signora dietro il banco mi guarda come se rimproverasse me,
prendiamo il caffè, uno liscio e senza zucchero l’altro con abbondante sambuca,
paga e suggerisce al cameriere come si deve fare l’impepata, io mi defilo silente.