domenica 29 novembre 2020

Gioventù italiana


In alto, sul cornicione, con lettere in rilievo c’era scritto
GIOVENTU’ ITALIANA DEL LITTORIO
dopo la guerra avevano staccato “del littorio”
e adesso si leggeva solo “gioventù italiana”
ma il direttore era sempre lo stesso testa di cazzo fascista.
Tra il cancello e l’ingresso ci sono una cinquantina di metri o forse più
ma solo a vedere tutta quella scalinata e quell’edificio così grande
mi prendeva l’angoscia,  se poi c’aggiungiamo
che per la prima volta ero lasciato solo
avevo una nodo alla gola e una roba dentro il petto
che non riuscivo manco a camminare.
Per Zio Claudio era tardi e aveva fretta, mi aveva lasciato al cancello
e mi aveva detto di andare su per quelle scale
che poi la porta l’avrei trovata di sicuro, ce n’era una solo.
“Digli al direttore chi sei che c’ho parlato io e vedrai che ti tratterà bene”
pensai che se ero arrivato fin lì toccava andare avanti e avanti andai
e non mi venne neanche una lacrima
anche perché zio m’aveva detto che ormai ero un uomo
e dovevo cavarmela da solo, una valigetta per mano e via.
“Vedrai che dopo i primi giorni ci starai bene”.
Avevo otto anni e quello era il mio primo giorno di collegio.
 
I primi giorni non finirono mai, ci stetti sempre male
e quell’odore di cucina, di cavoli stracotti e chissà cos’altro
che mi passò dal naso allo stomaco il primo giorno
 lo ritrovai tutte le mattine dei successivi tre anni.
Sentivo la mancanza di casa e nello stesso tempo
maledivo mamma che m’aveva messo lì dentro
e tutte le settimane toccava scrivere a casa
dicendo che si stava benissimo
sennò ti facevano riscrivere la lettera finché
non era fatta come dicevano loro e loro erano le “signorine assistenti”.
La cena della prima domenica fu un piatto con marmellata e stracchino
non avevo mai mangiato quelle due robe insieme,
mangiai solo la fetta di pare
e lasciai lì il piatto senza toccarlo, quando ci si alzò per andar via
La signorina mi disse di mangiarlo e al mio rifiuto chiamò il direttore.
“ A te montanaro t’insegno io come si fa a essere civili”
E fra lui e la “signorina “ mi ammazzarono di botte
e la domenica successiva stesso trattamento
finché non decisero che per la cena della domenica
dovevo andare di nascosto in cucina dove mi facevano
un panino con qualcosa.
Ero pieno di lividi e avevo vinto la mia prima battaglia
ma solo da grande mi resi conto che in quel momento 
avevo imparato ad odiare in un'età in cui si dovrebbe imparare solo ad amare.
Dopo un po’ con qualcuno si diventa amici e io avevo Fabbri
che era compagno di classe e vicino di letto,
qualche volta ci lasciavano in refettorio per aiutare a pulirlo
e succedeva che poi ci davano un pezzo di pane con qualcosa,
una sera che ci diedero pane e mortadella ci mettemmo
tutti due su un letto (non ricordo se il mio o il suo) a mangiarlo.
Quando la mattina ci trovarono addormentati su un letto solo
ci mandarono dal direttore che urlando ci chiedeva
chi avesse fatto la femmina e siccome nessuno dei due rispondeva
arrivavano bacchettate sulle mani a non finire.
Ecco, questo è stato il mio primo approccio col sesso,
botte da orbi!
Per la cronaca mi pare che non ci siano stati significativi miglioramenti
Adesso son qui a scrivere ste cose e pare che voglia emulare
De Amicis col suo libro cuore, no,
sto raccontando solo quel che è successo a me
e francamente non dico nemmeno tutto
perché dentro il collegio le angherie erano davvero tante
e c’erano anche diverse fastidiose preferenze
come quella di dare la fetta di limone dopo l’olio di fegato di merluzzo
solo a chi pareva a loro.
A dieci anni avevo ormai imparato a buscare in silenzio
tanto che una volta verso la fine della scuola
il direttore mi disse che non c’era gusto a menarmi
e mentre mi passava dietro mi diede una bacchettata sulle gambe nude
mi voltai di scatto e guardandolo in facci gli urlai
“Mena quanto vuoi tanto un giorno torno e  ti ammazzo”
Lui era grande e grosso ma giuro di avergli visto la paura in faccia.
Mi mandarono a casa e per l’anno dopo mamma,
disperata, dovette cercarmi un altro collegio.


Immagina da googlee arth