mercoledì 28 febbraio 2018

Che brutte le coliche!



Entro in farmacia che sono sfinito, è tutto il giorno che sono fuori casa
e sono ormai un paio d’ore che ho cominciato a sentire i dolori,
premo la schiena contro il sedile della macchina ma è solo una breve illusione
piano piano il dolore monta e arrivo al punto di convincermi che
a tre ore da casa non ce la farò ad arrivarci quindi tocca decidere,
o il pronto soccorso dove mi terranno in sala d’attesa per un’ora
o soluzioni di fortuna e la mia decisione è partita sulla seconda
dunque è per questo che entro in farmacia.
Ci sono delle persone davanti a me e faccio la fila
continuano a far chiacchiere coi commessi,
se non si sbrigano giuro che le porto fuori a calci in culo
quando tocca a me tiro fuori la fialetta e la siringa
e chiedo se qualcuno è capace di fare delle punture
mi guardano come fossi un marziano in astinenza poi dico
che si tratta di voltaren per una colica renale, la signora prende la fiala
la guarda e dice “Venga di là” entro in un ufficio tolgo il cappotto
e mentre lei prepara gli attrezzi io scopro la parte interessata, forse un po’ troppo poco
tanto che la signora dice che se mi vergogno la fa da sopra i pantaloni
“Va bene, scopra il necessario e se ci tiene tanto anche il superfluo”
lei scopre, massaggia e infilza “Le ho fatto male?” “Macché, è ‘na goduria”
Le punture di voltaren sono diverse dalle altre perché non finiscono mai
stai lì un quarto d’ora a culo nudo ad aspettare che tutto il liquido sia entrato
e alla fine punge anche; la signora toglie l’ago massaggia parecchio
e,  chissà perché, mi dà anche una schiaffo nel sedere.
Mi metto seduto e la ringrazio, le dico che ci vorranno circa venti minuti
prima che faccia effetto ma ora posso andare in macchina che sto tranquillo lì.
Lei insiste perché resti al caldo e comincia col dirmi che anche suo marito
aveva le coliche renali e lei gli faceva le punture,
ha imparato da una vecchia infermiera a dare lo schiaffo
perché il dolore dello schiaffetto non fa sentire quello della puntura
( un bel discorso del cavolo, se gli dai una coltellata in pieno petto
il dolore della puntura lo sente ancora meno)
“Ci siamo lasciati e lui mi ha voluto lasciare la farmacia”
e così comincia il racconto e man mano che andava avanti
mi pareva sempre più strano che una donna ancora così piacente
fosse stata lasciata dal marito che non perdeva occasione per trovare altre donne
tanto che lei alla fine s’è stancata e l’ha costretto al divorzio.
“Pensi che quella con cui sta adesso è più brutta e più vecchia di me di cinque anni”
suona il telefono e lei va a rispondere  di là dove c’è il bancone,
io mi alzo e metto il cappotto, nel frattempo arriva un uomo che era al bancone
e mi chiede come sto, “Non c’è male, sta passando, ma la signora ne ha di chiacchiera!”
“La signora ha sfinito il marito che è scappato di casa perché non ne poteva più
le ha lasciato anche la farmacia e l’appartamento qui sopra,
lui ha un’altra farmacia su vicino a Bologna e lei è rimasta qui a spaccarci le palle
e non capisce niente, si figuri che fa ancora la prof di lettere, cosa capirà di farmacia?!
Il farmacista sono io, mi paga una miseria e mi tocca pagare anche le caramelle per la tosse
e se sto male non posso stare neanche a casa sennò a lei le tocca chiudere la farmacia
e a casa ho mia moglie che è anche gelosa di questa arpia”
Mi avvio all’uscita e saluto, ringrazio e faccio anche l’inchino,
“Grazie signora, senza lei non avrei saputo come fare grazie davvero”
Arrivo alla porta, apro e mentre esco…
“Si, ma lei si ricordi che se va in giro con fiala e siringa
bisogna che almeno si porta dietro anche l’ovatta e il disinfettante, si ricordi”
“Certo signora, grazie anche del consiglio la prossima volta poterò tutto, chiappe comprese”.
Scappo in macchina, metto in moto e fuggo via,
tante volte si fosse dimenticata di raccontarmi qualcos’altro.
Ma quelli strani li trovo tutti io?


venerdì 16 febbraio 2018

Gigetto



“Paolo, il cappello”
“Cavolo, m’ero scordato”
sono entrato in chiesa dove c’è la funzione per la morte di Gigetto
la chiesa è piena di gente, non ne riconosco manco la metà,
Gabriele sta facendo il sermone e proprio in quel momento,
dice che con lui e altri amici facevano delle “maialate”
poi si corregge e dice che s’andava a mangiare il maiale appena conciato
“Eccone un altro, vero Paolo?”
Io ho lasciato Vincenzo in fondo alla chiesa e sono andato in cima dove di solito stavamo noi
ma lì non c’è nessuno e non faccio in tempo ad arrivare che Gabriele mi indica a tutti
Mi imbarazzo un po’ perché tutti si girano verso me
“Vuoi dire due parole per salutare Gigetto”
“No grazie, me le sono già dette da solo”
Finisce la messa e quando lui entra in sacrestia mi fiondo dentro anch’io
“Ma che cavolo ti viene in mente a farmi parlare davanti a tutti”
“Lo sapevo che non l’avresti fatto”
“Senti Gabri son qui perché ho urgenza del bagno,
è da stamattina che la tengo e non ne posso più “
“Vai, sai dov’è?”
Appena esco c’è la Cosetta che m’aspetta fuori dalla porta
“Che sei andato a fare in sacrestia?”
“A pisciare”
mi dà del vecchietto prostatico, come se lei fosse nel fior fiore degli anni,
poi arrivano la Letizia, la Lisetta con Glauco e piano piano ci si ritrova in una decina
e scappa anche qualche battuta e qualche sorriso presto interrotto.
Si va a piedi fino al cimitero passando per il corso
e la gente che da parecchio non mi vede mi saluta. Qualche parente lontana mi bacia anche.
Ad ogni incrocio si defila qualcuno finché rimaniamo in una trentina.
In fondo al corso ci sono degli idraulici che mettono a posto qualcosa,
uno di loro accucciato c’ha mezzo culo di fuori e si legge la marca “Fila” delle mutande
 ma che cavolo di moda sarà quella di mostrare le chiappe alla gente!
Arrivati vado a dare un’occhiata a babbo e poi a mamma
che è andata nella tomba sua e non in quella di babbo perché ha sempre detto
“Lì manco morta” come se ci fosse la possibilità di andarci da viva
e così l’abbiamo messa tra i suoi.
Torno nella chiesina e vado a salutare la Stefania (la moglie di Gigetto)
che prima ha una esitazione e poi mi si butta al collo e grida
“Paolo!  Che piacere vederti, Paolo, Paolo, Paolo” e non finiva più di dirlo
finché la Monica non la stacca e m’abbraccia lei
dico che devo andare perché non sto bene
“Vi telefono i prossimi giorni e parliamo un po’”
Avevo messo la macchina al cimitero e m’ero fatto i due chilometri a piedi fino al duomo,
Prendo la macchina e scappo a casa per una strada che è una vergogna chiamarla così
a ogni sobbalzo sento il rene che fà più male e la colica salire,
appena arrivato cerco la Meg che non c’e e prendo il voltaren e la siringa
e corro su da Claudio a farmi fare una puntura.
Ecco, questa è la cronaca della giornata.
Va chiarito subito che Gigetto è il nome di battesimo, non un diminutivo,
il padre era parecchio strano, intanto era invalido di guerra e stava su una sedia a rotelle
ma solo quando andava in giro per il paese, quando stava dentro casa
e quando andava in montagna camminava benissimo e Gigetto di lui non parlava mai.
La nostra amicizia è cominciata che avevamo circa quindici anni
e è andata avanti sempre, ultimamente non ci si vedeva, prima perché non c’era tempo
e dopo che è stato male perché non avevo il coraggio di andarlo a trovare.
Abbiamo passato nottate intere in piazza a fare cazzate,
qualche cannone in società (dicevamo: “Si fa una cooperativa?”) e partite a calcio alle tre di notte
finché la gente non s’affacciava dalle finestre a urlarci di smettere,
lui si dava due colpi alla pancia e rispondeva facendo delle scorreggione tremende.
“Zozzoni, maleducati, andate a dormire che qui c’è gente che domattina lavora”.
“Oh Numa, dove cavolo eri iersera?! abbiamo conosciuto tre di Gubbio
e le abbiamo portare a casa, io e Enrico abbiamo combinato
poi a Gubbio ci hanno fermato i carabinieri per un controllo e io gli ho dato il tuo nome”
“Ma sei idiota!”
“Oh, io sono sposato e se viene fuori che ero con una a Gubbio la Stefania mi fa nero”
“Cazzo anch’io sono sposato”
“Non mi ricordavo”
“ Ma se m’hai fatto da testimone e anche gratis, senza obbligo di regalo”
Quando eravamo ragazzi e s’andava a fare gite con le ragazze
lui metteva la macchina fotografica sopra il plaid e metteva un cavetto per lo scatto
poi, quando le ragazze la scavalcavano lui scattava.
Il giorno dopo si sviluppavano le foto da me (m’ero fatto la camera oscura)
e lui scartava quelle della Stefi  perché diceva che tanto lei era asessuata
poi invece la Stefi se l’è dovuta sposare e la Monica e diventata la figlia di tutti.
A volte la Stefania lo chiamava al telefono del bar alle due di notte
perché la Monica non dormiva e noi le urlavamo di non rompere le scatole
“Che qui si lavora, mica si dorme come a casa tua!”
Tempi bellissimi, io ero sposato da poco e dopo cena facevo quaranta chilometri
per andare al paese e tornavo a casa alle tre, mica potevo lasciare quei due da soli!
chissà cos’avrebbero combinato; s’andava a Gubbio e s’era scalmanati
una volta capitiamo davanti a un bar dove due avevano appena smesso di menarsi
a un certo punto lui dice ad alta voce “Però le madri non si devono offendere”
Uno dei litiganti chi chiede “Ha offeso mia madre?”
Lui risponde “Non so, lo dicevano questi qui dietro”
Hanno ricominciato a menarsi e volavano cazzotti meglio che in un film.
Come si fa a non essere amici di uno così, ti divertivi a guardarlo,
parlava poco ma quando apriva bocca potevi aspettarti di tutto
e non capivi mai se era una cosa seria o una stronzata.
L’amicizia non è solo fare comunella c’è dietro qualcosa che adesso
non so cosa sia e che comunque mi sta mancando.
Finito, dopo la trentina è cambiato tutto, non siamo cambiati noi,
è stato il mondo che è cambiato, noi potremmo essere ancora quelli,
se ci vedessimo la sera io, Gigetto,  Enrico e nonno Pallino saremmo sempre uguali.
Nonno Pallino a novant’anni girava per il paese con noi
e ci raccontava la storia romana in notturna
a volte c’era Buch (Bucefalo) che ha studiato da geologo,
noi gli chiedevamo come s’é formato il petrolio e lui cominciava
“Dovete sapere che centinaia di milioni di anni fa, durante il paleozoico…”
“Oh Buch, sono le tre di notte se la fai lunga rimandiamo a domani”
E Buch non è mai riuscito a spiegarci come si è formato il petrolio
perché tutte le notti alle tre gli si faceva la stessa domanda
e lui lo interrompeva sempre dicendo che era tardi.
Era il tempo in cui essere testa di cazzo era una qualità
e oggi invece non ci sono più le teste di cazzo di una volta!



 




Questa è la foto di Gigetto in piedi su una sedia mentre legge i telegrammi al mio matrimonio, tra i pochi veri ne ha inseriti tanti fasulli "inviati" dalle nostre amiche innescando la mia prima lite matrimoniale.