venerdì 20 settembre 2013

Il Guggenheim di Bilbao



A dire il vero sono andato a Bilbao più per curiosità
che per passione per quell’architettura.
La chiamo così anche se son convinto che sia più una
scultura contenitiva spacciata per architettura
sarà che sono legato a vecchi schemi ,
ma sono più portato verso spazi che mi facciano sentire a mio agio
piuttosto che verso spazi che non riesco a “controllare” e che non mi trasmettono serenità.
Devo dire però che, sarà per il bellissimo rivestimento in titanio,
sarà per la grandiosità del complesso o per le forme inconsuete
che l’effetto visivo è di grande impatto, mi vien da dire “bello”
anche se so che è un termine generico, che non ha un gran senso
comunque sono stato contento di  vederlo e per non scordarmelo
ho fatto un sacco di foto fuori e dentro.
Ad accogliere i visitatori c’è sulla piazza antistante l’ingresso
un immenso cane fatto coi fiori (immagino finti), messi lì a toppe di colore,
un cane di quelli buoni, da cartoni animati.
Mi son sforzato di capirne il significato ma niente da fare,
non l’ho trovato, eppure, mi dicevo, sono di media intelligenza,
dovrei capire quel che vuol dire, ma no, non m’è venuto in mente niente.
Dalla parte opposta, sulla sponda del fiume c’è un immenso ragno:
roba che ci passa sotto un tir tanto è grande, è una scultura anche quella,
s’ intitola “Madre” e francamente, a parte “ogni  scarrafona è bella ai figli soi”
non m’è venuto in mente altro.
Dopo un bel pezzo di attesa finalmente sono entrato:
le stanze mi hanno colpito per la loro inconsueta e complessa forma
e ho avuto bisogno di un attimo di riflessione per potermi orientare in quegli spazi.
Da frastornato com’ero ho cercato un bagno e finalmente… era normale,
proprio come ha da essere un cesso:
ho fatto il mio bisognino proprio di gusto e poi sono uscito
e ho cominciato a girare per le sale in cui sono esposte le opere di famosi artisti.
A piano terra un salone immenso è dedicato alle opere di Richard Serra:
lastre di acciaio dello spessore di  4 centimetri che son disposte in modo da formare dei corridoi
che ho percorso accompagnato dalle istruzioni tecnicistiche 
che mi venivano dall’auricolare, informazioni basate solo sul concetto di ellisse
e della sensazione che si dovrebbe avere passando attraverso quei “corridoi”
niente poetica dell’arte e nessun “messaggio”.
Mi son sentito un po’ idiota, m’è venuto in mente che ci sia anche nel mondo artistico
una casta che ha come scopo la propria agiata sussistenza
e la separazione dal resto della gente.
Il fine è chiaro: fare delle cose grandiose che nessuno capisce
in modo da sembrare intelligenti
e possibilmente passare alla storia, magari più tardi possibile.
Io mi fido parecchio di un concetto che mi è stato messo in testa dai tempi del liceo:
se qualcuno non ti capisce è perché non hai parlato la sua lingua,
è perché non ti sei fatto capire, non pensare mai che chi non ti capisce sia scemo,
pensa sempre che devi fare di più perché ti si capisca bene.
Mi son detto allora che la sculto-architettura che non riesco a capire,
il cane di fiori, il ragno e le lastre di ferro ritorte
son fatte da delle teste di cazzo che non sanno farsi capire
o, in alternativa, non hanno nessuna voglia/interesse a farsi capire
Oppure il messaggio potrebbe essere che è meglio far finta di essere intelligente
per fare in modo che chi ci sta davanti possa sentirsi idiota e paghi il biglietto. Boh…
Sono uscito dal museo, son corso alla macchina e son partito a razzo verso Madrid,
ho sfrecciato su una bella autostrada quasi deserta,
sono arrivato giusto in tempo per entrare al “Regina Sofia” prima che chiudesse
e sono stato un’ora davanti a “Guernica” di Picasso per ritrovare la fiducia in me
e l’avversione ai potenti che vedono nelle guerre
e nelle stragi tra la gente che considerano nullità il viatico per la gloria
E tutto sta in un quadro appiccicato a un muro

senza avere trammezzo ragni, cani o altr sculture contenitive..