venerdì 8 gennaio 2016

31/12/2015



Mancano ancora dieci chilometri
credo che una decina di minuti posso resistere.
Sono fuori città e mi manca il fiato,
quello davanti a me non si muove,
uno dei soliti paralitici del volante che tengono il piede più sul freno che sul gas
ecco, sono davanti alla porta del pronto soccorso che aspetto
finalmente arrivano con la barella e mi caricano
uno mi dice che non posso lasciare la macchina lì
“Spostala te coglione”
“Non c’è bisogno di offendere”
“Pensavo di farti un complimento”
Ho già una flebo infilzata nel braccio e mi pare di cominciare a respirare
si, adesso sto meglio, dev’essere una flebo d’acqua santa.
mentre mi “lavorano”arriva un’altra barella,
c’è sopra un fagotto che si lamenta perché non gli trovano la vena
dice che vuole che chiamino un esperto
“Io vi conosco, voi non siete capaci a trovarla”
L’infermiera mi dice all’orecchio che viene almeno una volta al mese
perché ha mal di testa ma in realtà non ha niente,
mi giro, la guardo e le faccio un sorrisino e lei risponde,
La conosco, è la moglie del fratello di Ennio,
una di Napoli che gliel’hanno trovata e mandata su per fargliela sposare,
un po’ sempliciotta come lui e Ennio poretto che li deve badare tutti due
anzi, tutti tre che hanno fatto pure una figlia.
Mi cambiano stanza e mi mettono in osservazione,
una camera a 6 letti, 3 a destra e 3 a sinistra dell’ingresso
sulla sinistra della porta c’è una signora con figlia
a occhio una ottantina di chili alta una metro e 20
nel letto centrale a destra c’è uno che pare un idraulico con tutti i tubi che c’ha addosso
è attaccato a una macchinetta che emette un bip continuo secondo le pulsazioni.
cerca di fermare ogni infermiere che passa ma sbaglia i tempi
e alza la mano emettendo un rantolo dopo che sono passati
per cui nessuno se lo fila.
“Di che cosa ha bisogno?”
“Ho freddo”
“Ma c’hai la coperta in fondo al letto, perché non la tiri su?”
“Perché m’hanno detto di non muovermi”
“Ma se ti muovi cosa succede?”
“Si sente la macchinetta che va più svelta”
Per me questo è come la cognata di Ennio, mi alzo e gli tiro su la coperta
con una mano sola perché con l’altra tengo alta la flebo,
adocchio un paletto per reggere il flacone e lo attrezzo per me.
Dopo un po’ arriva una barella con sopra una montagna,
lo scaricano in tre sul letto davanti al mio, lui si rizza seduto ,
ha una maglietta blu che non riesce a coprire il ventre
chiede di fumare, per la verità non si capisce quel che dice,
si capisce solo il gesto, l’infermiere gli dice che non si può ma lui insiste
lo vuol far stare sdraiato ma quello si rialza in continuazione
e ogni volta chiede di fumare. Leggo sulla casacca dell’infermiere la scritta
“PSICHIATRIA”
Mi pareva!
Arrivano due infermieri che gli mettono un sondino su per il naso
vanno avanti un quarto d’ora per farglielo arrivare alla stomaco
poi gliene mettono un altro nel sedere e lì c’è stata una specie di guerra,
sarà anche matto ma al culo ci tiene!
La signora a sinistra dell’ingresso mangia un panino praticamente mezza baguette,
ne addenta mezza alla volta e poi s’aiuta con un dito
per farla stare dentro la bocca e mastica per 20 minuti.
Incrocio lo sguardo d Roberto, questo è il nome dell’intubato sui due fronti,
non è molto rassicurante anzi mi pare un po’ minaccioso
spero che l’abbiano sedato,
lo fanno girare su un fianco e l’infermiere comincia a succhiare con una siringa dal tubo superiore,
succhia e versa in un secchio un liquido denso e marroncino contando le siringate,
nella stanza si espande un profumo che è una bellezza,
la lupa di sinistra imperterrita continua a mangiare,
ogni tanto dà due sgonzate a una bottiglia di coca cola, la figlia le chiede se vuol uscire
lei che mastica a 4 ganasce risponde con la bocca piena che vuole stare lì
e allora esce la figlia con un fazzoletto sulla faccia.
Arriva un’altra barella con un anziano sopra,
dietro lui una processione di parenti che gli chiedono dove sono le carte e i documenti
lui sta a bocca aperta e occhi chiusi senza rispondere e loro insistono,
intanto una infermiera gli sta mettendo un pannolone e qualcuno dei parenti l’aiuta.
arriva anche un altro paziente che per metterlo al suo posto fanno spostare il siringatore di Roberto
adesso siamo al completo quello di fianco mi dice che sente freddo perché la porta è aperta
penso che se uno si azzarda a chiuderla gli tiro il comodino.
L’uomo della siringa mi chiede a che numero era arrivato,
“Cazzo m’hanno fatto perdere il conto”
“Eri a metà”  (perché ogni tanto mi invento queste stronzate ancora non l’ho capito)
“Ah, meno male che le hai contate te”
e ricomincia a siringare.
“Adesso Roberto facciamo un clisterino, fai il bravo che vedrai che dopo stai meglio”
“Abbi pazienza, glielo fai qui?”
“Perché?”
Allargo le braccia per fargli capire che stiamo morendo in una camera a gas,
lui risponde che dobbiamo aprire la finestra poi ci ripensa
chiama uno ad aiutarlo e portano via Roberto
manovrando il letto come fosse un camion, sbatte sullo stipite già martoriato della porta
e il sedere deflorato di Roberto scompare tra la soddisfazione degli spettatori.
Quello di fianco mi dice che sente freddo,
cerco un’altra coperta dentro un armadietto, la trovo e gliela stendo sul letto,
adesso ne ha tre, secondo me nella flebo gli hanno messo azoto liquido.
La lupa continua a mangiare e tra un morso e l’altro chiede alla figlia di metterle la padella
lei risponde che gliela mette dopo che ha mangiato
“La voglio adesso che mi sto pisciando addosso!”
L’anziano col parentado al seguito vuol cambiare il pannolone,
deve essere stato stimolato dalla signora e l’ha fatta,
arriva una infermiera che pare una bambina chiede ai parenti di aiutarla a cambiarlo
ma loro sono troppo intenti a chiedere dove sono le carte
"LE hai messe in soffitta?"
"Le hai messe in garage?"
e così elencano tutti i posti di casa del circondario e anche delle case dei vicini.
Lui sta immobile con gli occhi chiusi e la bocca spalancata
l’infermiera bambina si rompe le scatole e lascia l’anziano girato su un fianco
col pannolone nuovo che non è riuscita a chiudere
e così tutti possiamo ammirare questo enorme televisore all’aria.
Nel letto davanti al mio posizionano la cognata di Ennio
che ride e si mette a far salotto con il vicino
le hanno sicuramente indovinato la vena.
Sono le quattro del pomeriggio e mi fanno un altro prelievo.
Entrano un paio di portantini e dicono alla lupa che la devono portare a casa
lei non vuole andare la figlia dice che non si può portarla via perché sta male
loro la prendono di peso e la caricano su una barella e vanno via
la figlia s’attarda a raccattare tutte le cose che aveva messo a posto
per bene pensando magari che l'avrebbero tenuta qui per un pezzo.
Mi vien da ridere pensando che la scaricheranno alla pizzeria più vicina.
Si sente urlare da fuori, sono Roberto e l’infermiere,
non ho il coraggio di pensare cosa sia successo, ma visto quel che facevano
un sospetto mi viene e difatti l’odore che arriva me lo conferma.
Finalmente arrivano due a finire di impannolare  il primo a destra
l’infermiere si incazza coi parenti che non possono stare così numerosi
“Uno solo, decidete voi chi resta ma qui ci sta uno solo e alle sei va via”
dopo un po’ di discussioni lasciano la figlia
ma si raccomandano che si faccia dire dove sono i documenti.
E’ arrivata la moglie di quello che fa salotto, gli dice che ha parlato col dottore
e che ha insistito per farlo ricoverare perché fanno capo d’anno in casa
e c’è un sacco di gente e nessuno può badare a lui.
Lui la guarda un po’ interdetto io mi metto a ridere, l’azotato ride anche lui
la cognata di Ennio mi chiede che cosa c’ho da ridere
“Niente, m’è venuto così”
“Te c’hai la faccia da birichino, quando t’incontro per strada ti meno,
guarda che lo faccio, io son di Napoli e noi napoletani le cose che diciamo poi le facciamo,
sta attento”
Sono ormai le 5 e mezza, vedo la faccia di Roberto che guarda dentro la stanza
da dietro il vetro dello spioncino che c’è sulla porta,
potrebbe guardare dalla porta spalancata
ma lui passeggia per il corridoio e ogni volta guarda dentro da lì.
Vado in bagno col mio paletto per flebo che da parecchio non manda giù più niente
la finestra del bagnetto dà su un terrazzo che per avere più posto hanno chiuso
e adesso è una stanza adibita a magazzino, dentro c’è una che sta telefonando
io faccio le mie cosine e lei capisce cosa sto facendo e scappa.
Mi vien da ridere pensando che l’unico momento in cui un uomo non può far male a nessuno
è proprio mentre fa pipì.
Entra un dottore in stanza e mi dice che ho contratto un virus intestinale
mi manda a casa perché non è il caso di tenermi lì,
stanotte arriverà un sacco di gente e lui ha bisogno di liberare i posti.
Mi vesto e vado a casa a piedi, una passeggiata mi farà bene
e poi devo smaltire la sbornia da pronto soccorso
cammino svelto e ogni tanto mi vien da ridere
ripensando a tutto quel che è successo nel pomeriggio
la gente che mi vede penserà che sono scemo,
comunque meglio scemo che infermiere al pronto soccorso.