lunedì 17 giugno 2013

La Maria Romualdi



Quando vivevamo a Porto Fuori di Ravenna babbo faceva l'imprenditore edile,
aveva una ditta che lucidava pavimenti e applicava il marmo che costruiva zia nel cantiere di nonno.
Il cantiere era di nonno ma non ho mai capito perché fosse solo di zia,
ho sempre avuto il sospetto che babbo doveva averne combinate qualcuna delle sue.
Stavamo in una bellissima casa col giardino grande dove c'era anche la vasca dei pesci
con lo zampillo c'era anche la voliera con le tortorelle che prendeva tutto il posto sotto la scala,
dietro casa c'era una piccola vigna e l’orto
quello che lo faceva,  non mi ricordo il nome,
prendeva sempre accordi con babbo per vedere cosa piantare
e babbo mi pareva un grande intenditore di ortaggi
perché diceva questo e quello e che si faceva così e cosà.
Con noi a Porto Fuori c'era la Maria Romualdi che era la moglie di Romualdi,
che era il capo operaio di babbo
il nome di lui non lo ricordo perché tutti lo chiamavano per cognome
lei aiutava mamma nelle faccende di casa perché mamma stava tutto il giorno all'asilo
e andava via presto, quando vedeva la Elide davanti alla casa del popolo partiva
la Maria mi faceva fare colazione e poi mi vestiva per andare a scuola
e mi metteva il cappotto che io lasciavo regolarmente in fondo alle scale
perché non lo volevo mettere e poi le urlavo
“Ciao Maria il cappotto è qui!”
E scappavo via, lei poveretta me lo portava a scuola
e si raccomandava con la maestra che me lo mettesse all’uscita.
La domenica andavo a servire la messa che la diceva Don Fuschini,
la chiesa era sempre piena di donne perché gli uomini stavano fuori,
sotto il sagrato e non venivano dentro e allora lui quando faceva la predica
faceva aprire il portone anche quando era freddo
e si incazzava e gli diceva che erano comunisti senza Dio.
Non capivo molto di politica ma babbo parlava di Mussolini
e a me pareva che fosse un eroe ammazzato da dei banditi…
Il giovedì sera i Romualdi venivano a casa nostra
e venivano anche gli altri operai di babbo e qualcuno portava la sedia
perché non bastavano per tutti,
si stava nel salone a vedere lascia o raddoppia,
io mi mettevo vicino alla Maria e stavo in piedi con la testa sulle sue gambe
a vedere la televisione di traverso e mi pareva sempre di vederla per dritto
e allora rizzavo la testa e poi la rimettevo giù e mi pareva una cosa magica
vedere la televisione per dritto anche se stavo di traverso.
Avevamo una televisione che era marcata Telefunken
con una scatola sotto che aveva il pulsante per accenderla
a me mi avevano detto che era pericolosissimo toccarla
e che se si rompeva il vetro veniva giù un sacco d’acqua che allagava tutta la casa
non capivo bene come facesse a starci tutta quell’acqua lì dentro
ma io, già che solo il nome Telefunken mi metteva paura,
passavo sempre alla larga e a volte di nascosto mi facevo coraggio
e andavo a vedere se dal vetro si vedeva qualcosa
ma niente, mai che avessi visto una goccia d’acqua.
Quando si tornava in paese si andava con un camioncino FIAT millecento
che aveva il muso più lungo del cassone,
babbo si incazzava per tutto il viaggio con gli altri automobilisti
e anche con mamma che gli diceva di star calmo e andare più piano.
Poi è arrivata la Dauphine Renault e che si pronunciava Dufin Renò
a me sapere come si pronunciava mi pareva di aver imparato tutta la lingua francese
però se Renò poteva essere Renato, con Dufin non mi veniva in mente niente
e quindi credevo che fosse il nome di un gran signore che stava in Francia a fare automobili,
così quando si giocava alla guerra io e Silvano eravamo Telefunken e Dufin
ma facevamo una volta per uno perché Dufin ci pareva il nome di uno che perdeva sempre.
Il vino lo compravamo alla cooperativa che stava vicino alla scuola
e me lo mandavano a prendere a me, ne prendevo un fiasco
e una volta per vedere se era duro l’ho sbattuto in un palo della luce
e quando il fiasco s’è rotto son corso dalla Maria Romualdi
che è andata a prenderne un altro
e m’ha mandato a casa dicendomi di non dire niente e nessuno,
difatti è la prima volta che lo dico anche perché
far sapere che sbattevo i fiaschi nei pali della luce non ci faccio una gran figura.
Giocavo con Silvano e andavamo a prendere i girini nel fosso
per fare l’allevamento delle ranocchie
ma non sapevamo cosa dargli da mangiare
e allora buttavamo nel secchio tutto quello che ci capitava di commestibile
e anche le pillole per il mal di testa che fregavo a mamma
non siamo mai riusciti a farli vivere abbastanza da vedere un ranocchio.
Una volta ne avevamo pescati così tanti che nel buzzo della passata di pomodoro
c’erano più girini che acqua e allora li abbiamo messi nella vasca dei pesci del giardino
quando babbo l’ha vista ha detto di toglierli tutti
però  da terra non ci riuscivamo e allora abbiamo tolto il tubo che faceva da tappo e da livello
e sono entrato nella vasca a prendere i girini con un retino.
Alla fine dell’operazione i girini li avevamo presi tutti
ma si contava anche qualche pesce rosso morto
allora  la Maria di Romualdi  che ci aveva visto è corsa da noi
e ha rimesso il tubo e l’acqua nella vasca
e a me m’ha portato a casa e m’ha cambiato i panni che erano tutti molli.
A pensarci adesso riconosco che m’ha salvato un sacco di volte dalle sberle la Maria.
Qualche anno fa sono tornato a Porto Fuori e ho ritrovato la nostra casa
il giardino non c'era più perché ci hanno fatto passare una strada ma la Maria c'era ancora
e quando le ho detto chi ero mi ha abbracciato e si è messa a piangere
e non finiva più di accarezzarmi tanto che ero imbarazzatissimo
e a momenti piangevo anch’io, anzi forse l’ho fatto
ma non mi pare il caso di dirlo qui davanti a tutti.
Giorni fa mi ha telefonato la Mirella e m’ha detto che l’hanno chiamata da Porto Fuori
e le hanno detto che la Maria Romualdi è morta, aveva più di novant’anni,
e allora in questi giorni mi son venuti in mente i ricordi d’allora.
Prima o poi s’ha da morire tutti, ma della Maria Romualdi mi dispiace davvero
chissà se si sarà mai ricordata di me e del mio cappotto
comunque glielo dico adesso, chissà che non mi senta
“Ciao Maria il cappotto è qui!”.





   

domenica 2 giugno 2013

Non m'ero preparato



Uno pensa di essere pronto e invece no, non lo ero,
non m’ero preparato a questa cosa anche se di tempo ne avevo avuto,
certo che ero felice ma non mi ero preparato, una giustificazione però ce l’ho,
avevo paura di diventare vecchio di colpo, ecco.
Adesso la vedevo dentro quella teca che muove le manine
e non sentivo niente di diverso da quando l'aspettavamo
ero felice, sì, ma soprattutto perché era andato tutto bene.
Ho avuto pian piano sentore che qualcosa stava cambiando
ma non ho mai avuto il tempo oppure non c’ho pensato per niente ad analizzare cosa
fino al giorno in cui ho preparato la prima pappina.
Ero emozionato e per paura di sbagliare c'ho messo tutta la cura che potevo
e c'ho badato tanto che gliel'ho data che ormai era freddina
e ho pensato che se lo sarebbe ricordato e me l'avrebbe rinfacciato per sempre
e forse c'avremmo anche riso insieme.
Ma quello è stato il momento in cui ho sentito che eravamo in sintonia.
Lì mi son sentito nonno e pensare che avevo detto a tutti che avrei voluto che mi chiamasse solo per nome, tanto che quando è nata ho mandato un messaggio a tutti gli amici
dicendo che da quel giorno mia moglie era diventata nonna.
Ora ha quasi un anno e io per la prima volta mi sto occupando di lei e sento che sì,
mi chiamerà nonno e andrà benissimo anche così.
Un po' alla volta comincio a prenderci confidenza
e mi permetto anche di cambiarla, metterle la pomatina sul culetto
e lavarla quando fa la cacca… e che cacca!
La metto nell'acqua e lei sgambetta, è un gioco, sempre serena e felice,
pare che si fidi ciecamente di uno come me
che a fare ste cose sento una insicurezza che mi faccio paura.
Cresce e comincia a camminare e io qualche volta ce l'ho in consegna,
alle ore fissate la porto in camera e nella semioscurità lei mi mette la testina su una spalla,
mi abbraccia e dopo un po' s'addormenta,
la metto piano nella culla e mi sdraio sul mio letto lì,a fianco,
non dormo, sto lì ad aspettare che si svegli,
non so se è paura o se sento il carico di responsabilità,
non sarà mica che mi sono innamorato?
Come si faceva a casa mia ho già preso l’altezza e l'ho segnata sullo stipite della porta,
ho scritto la data e lo farò ogni compleanno come nonno faceva con noi.

Oggi sono stato a fare dei lavori nel loro giardino e lei lì è padrona,
ormai ha un anno e mezzo e gira sicura come fosse già grande
e mangia il gelato col cane Obama che ogni tanto glielo lecca
e lei se lo lascia leccare come se il cane fosse un cristiano di casa
io ogni tanto la chiamo le dò una lumaca
e le dico di portarla alla mamma poi la chiamo di nuovo:
"Bianca, vieni, guarda, un lombrico!"
lei lo prende con la sua manina senza stringerlo,
con la stessa grazia di quando si va a pesca, mi guarda e mi dice:
"Mamma?"
" Si, va bene portalo a mamma"
lei lo porta e quando la mamma le chiede chi gliel'ha dato lei risponde sicura.
"Palo"
Ma come ha fatto a sapere che volevo essere chiamato così?