Da quei
primi anni settanta non ho più rivisto Marco
le nostre
strade si son divise e non abbiamo più avuto modo di incontrarci
ma il
ricordo di una profonda amicizia fatta di cazzate e goliardie
è sempre
rimasto vivo.
Eravamo
giovani e avevamo una gran voglia di divertirci
e lo
facevamo con tutto quello che ci capitava di farlo.
Lui era figlio di un bolognese che, tornato dal
Venezuela,
aveva
comprato una cava di breccia che gli rendeva alla grande
e Marco
lavorava lì (si fa per dire) anche
se andava all’università
( e anche
questo si fa per dire).
La sera mi
veniva a prendere e si partiva,
in inverno
s’andava al Black & White dove c’erano le universitarie,
in estate
s’andava in riviera da Fano a Rimini.
Di solito
eravamo solo io e lui ma alle volte si aggregava anche Sandro
e allora si
faceva un salto a Bologna a prendere il caffè
è vero che
sono cento chilometri
ma a noi
piaceva stare nella macchina a dire stupidaggini
a ascoltare la colonna sonora di Shaft
a ascoltare la colonna sonora di Shaft
o a
programmare improbabili futuri con la vincita di una schedina
che a dire
la verità non giocavamo quasi mai.
A volte, la
sera dopo cena, s’andava a Rimini a vedere le zoccole,
Marco aveva
una 124 spider e toccava guidarla a me
perché così
lui stava dalla parte del marciapiede e riusciva a vederle da vicino.
Si faceva un
primo giro per una rassegna generale
e poi il
secondo per andare da quelle scelte,
Marco le
chiamava e dopo due chiacchiere gli chiedeva di tirare fuori le tette
Quelle erano
un po’ restie ma poi cedevano e le mostravano
“Oh Marco
senti un po’ come sono”
Lui provava
a allungare le mani ma loro lo stoppavano
“Guardare ma
non toccare”
“Ma dai, me
l’ha detto lui di sentire come sono che fastidio ti dà?”
Dopo una
paio di palpate arrivava il responso che poteva essere
“Budino”
,“Gelatina”,” Camera d’aria gonfia/sgonfia”, ”Ovo sodo”, “ Sasso”…
Ogni volta
una definizione diversa che ho idea che
le studiasse durante il giorno alla cava del padre.
le studiasse durante il giorno alla cava del padre.
Poi per la
forma c’era “Coppa”, “ Tegamino”, “Mezza
anguria/melone/arancia/melina”
“Melanzana”
(me lo diceva piano sennò quella s’incazzava)
“Insalata
riccia” che non ho mai capito come fosse
ma doveva essere una faccenda vibrante”
ma doveva essere una faccenda vibrante”
“A pera
Marco, ce l’ha a pera?”
“No, a pera
no”
“Allora
niente, scusi signorina, le cerchiamo a pera, ci dispiace arrivederci”
E via di
corsa.
“Andate a
palparle a vostra sorella teste di cazzo!”
Ci urlavano
dietro montagne di insulti aiutate anche dalle altre
che una
occasione simile per insultare i mancati clienti non se la facevano scappare.
Una sera che
guidava lui, si fa il solito giro
ma quando è
ora di partire alla svelta la macchina tossisce e si spegne
lui la
rimette in moto subito ma la signora è più veloce della luce
e con una
scarpa in mano comincia a picchiarmi
le altre si
aggregano e mentre finalmente riusciamo a scappare
ci arriva in
macchina di tutto, sassi, bottiglie e anche un tizzone acceso
che a
momenti ci manda a fuoco i sedili.
Una sera
d’estate però quelle a pera le abbiamo trovate
“ Ci
andiamo?”
“Marco, lo
sai che io a zoccole non vado”
“Manco se le
ha a pera? E’ un anno che le cerchiamo e adesso ti tiri indietro?”
“Aspetta che
ci parlo”
Dopo lunga
trattativa la signorina sale in macchina e la porto sul lungomare.
Abbiamo
fatto una camminata sulla spiaggia di almeno un paio d’ore
con lei tra
noi a seno scoperto e noi a ridere come scemi,
in principio
quando incontravamo qualcuno si copriva con
le mani
ma poi ci
deve aver preso gusto e stava con la schiena dritta
che pareva
che con quelle due pere volesse sparare addosso alla gente
e rideva
anche lei, felice forse per aver trovato qualcuno che non la volesse solo per
cinque minuti.
Era il ’74 e
le abbiamo dato 15 mila lire a testa che erano la mia paga di un giorno
per Marco
invece erano solo quei 2 minuti che servivano a
sfilarli dal cassetto dell’ufficio.
L’abbiamo riportata al suo posto di lavoro e prima di partire ci ha dato un bacio a testa
e poi mentre la macchina si allontanava ci ha urlato dietro:
e poi mentre la macchina si allontanava ci ha urlato dietro:
“Tornate,
tornate”.