martedì 26 dicembre 2017

Il padrone Roselli

 “Tanto vale la gatta al ladro”
E poi si fermava lì e noi guardavamo in giro per non incrociare lo sguardo degli altri
e facevamo anche finta di non aver sentito per paura di scoppiare a ridere
perché ridere in faccia al padrone non è cosa salubre.
Un’altra volta se ne esce con “Il mio fratello astro”
e noi capimmo tutti che aveva un fratello che si chiamava Astro
finché un giorno Claudio parlando con la figlia viene a sapere
che non c’era nessun fratello di nome Astro ma aveva un fratello
di secondo letto quindi era un fratellastro.
Quando Claudio riferì in ufficio la cosa
c’era gente che si rotolava per terra dalle risate.

Un giorno enta in ufficio e trova me e il direttore del personale che stiamo parlando, 
ci chiede cosa c'è e riferiamo che si sta parlando della Norma
allora lui attacca uno degli argomenti preferiti
"Hanno rotto i coglioni con queste norme che non ci fanno fare quello che ci pare"
"No Roselli, parliamo della Norma, 
quella ragazza che sta all'imballaggio che è incinta e va sostituita"
"Ha rotto i coglioni anche lei! Ma vengono tutte a figliare nella mia fabbrica?"
Più sopra non ho scritto padrone per sbaglio, lui diceva che potevamo chiamarlo
titolare, amministratore, manager o in qualunque altro modo
Ma me a so el padron
E io ribattevo sempre “Roselli, sarebbe tanto una brava persona
ma perché si perde in queste stupidaggini!?”
“Perché non sono il padrone?”
“Ma certo, ma che bisogno ha di sbandierarlo ai quattro venti,
quando lo sappiamo tutti basta”
“Te Paolo non capisci, te tsi comunesta
Però quando si parlava di lavoro mi stava a sentire e a modo suo mi voleva anche bene.

Al mattino si metteva all’ingresso e ognuno che entrava lo salutava
e dopo le otto e mezza salutava i ritardatari con un colpetto sull’orologio da polso
e siccome io arrivavo sempre tardi entravo dal portone del capannone
e andavo dritto in ufficio su per le scalette e quando veniva su lui
mi chiedeva quando ero arrivato e io gli rispondevo che avevo dormito lì
perché avevo parecchio da fare.
Me sa te an poss competa, te tsi comunesta” e ci ridevamo

Una volta siamo andati a una fiera a Dussendorf e ha voluto mettere la macchina
nel posto riservato dell’AVIS (quelli che noleggiano le auto) per non pagare il parcheggio.
Durante il viaggio, passando su una zona di turbolenze, l’aereo comincia a tremare e sobbalzare che pareva di essere in una vecchia corriera su una strada sterrata.
Una signora presa dal panico si mette a urlare “L’aereo precipiterà e moriremo tutti”
Io rispondo ad alta voce “Signora pensi per lei” e Roselli piano mi dice
Oh Paolo a cademi davera?”
“Non lo so Roselli ma se cadiamo non triboliamo per niente, crepiamo subito”
Te a tsi matt…         e comunesta
Arrivati all’aeroporto si va a prendere la macchina e il custode gli dà una sgridata
che era meglio nascondersi ma lui imperterrito si avvicina alla macchina,
apre il cofano per mettere dentro le valigie e mentre mi guarda
esplode uno scoreggione che trema tutto il parco macchine e mi fa:
Questa la ie par chel testa da cas, l’è da sovra la Svessera ca la iev tel cul
(“Questa è per quel testa di cazzo, è da sopra la Svizzera che l’avevo nel culo”).

Una volta invitò una disegnatrice nella sua barca e per non far ingelosire la moglie
portò anche qualcuno di noi, arrivati in loco per aiutarla a salire la scaletta
le mise tutte due le mani sulle chiappe e lei da gran romagnola girandosi disse
“Roselli casa fa, mi tocca il culo?”
Noi andammo dritti al bar  e dopo cinque minuti, mentre ci gustavamo una birra
al Club Nautico vediamo la signora uscire dal tambucio che ci urla
“Fermatelo voi che io non ci riesco!”
Arrivati in ufficio mi sento il dovere di rimproverarlo un po’ e gli chiedo
perché faccia quelle stupidaggini.
Me ai dag el lavor e credeva ch’lia mla dessa, almen par riconoscensa
(“Io le do il lavoro e credevo che lei me la desse, almeno per riconoscenza”)
A volte mi spiazzava con frasi come questa ma come si fa a dare
del maschilista a uno che ci tiene a esserlo!?

Ci fu un periodo che s’era accanito contro un ragazzo arrivato da poco
e ogni cosa che faceva non gli andava bene, io invece ero lì a dirgli
che era un ragazzo in gamba, che stava imparando alla svelta
ma non c’era verso, lui non lo voleva e un giorno
mi chiamò nel suo ufficio e mi disse che lo dovevo licenziare
mi opposi in maniera tanto ferma che gli urli di tutti due si sentivano da fuori.
Quando esco dal suo ufficio c'era un silenzio che pareva di stare in un museo

mai visto tutta quella gente seduta a lavorare testa bassa e in silenzio
percorro il corridoio e quando sono arrivato in fondo sento un urlo inumano
Comunestaaaa
La mattina dopo arrivai al lavoro per primo, ancora prima degli operai
e quando arrivò lui si trovò una lettera sulla scrivania:
“ Con la presente comunico le mie dimissioni che saranno regolate
nei tempi e nei modi stabiliti dal C.C.N.L.”
Quando mi chiamò in ufficio mi chiese quando sarei andato via
gli risposi che quello era l’ultimo giorno
“Ma non puoi, ti denuncio, ti faccio pagare i danni”  poi dopo un po’ disse
“Dai se resti ci diamo del tu

e ti tieni quello lì, quel...Fabio, però te lo porti nel tuo ufficio”

La moglie di Roselli aveva una malattia rara (credo sla)
e una volta la portò in Florida per delle cure ma quando gli dissero
che non c’era niente da fare decise di scappare in uno Stato del Sudamerica
dove da tempo mandava un sacco di soldi del nero.
All’aeroporto incontrò il prete del paese che era andato a fare
una gita coi parrocchiani che lo convinse a tornare a casa con la moglie.

Un anno dopo, più o meno, portò i libri in tribunale e chiuse la fabbrica
dichiarando fallimento e mi riferirono che l’ultimo urlo che fece al ragioniere fu:
Se c’era chel comunesta d’Paolo quest en suscdeva”.