venerdì 13 luglio 2018

La signora Alba e il suo Federico


“Babbo, mamma, fratelli, Federico, non c’è nessuno?”
Rannicchiata sul letto per tutta la sera e anche la notte ha continuato a dire questa frasetta,
gli infermieri passavano davano un’occhiata e filavano via
qualcuno si scomodava a entrare e dare uno sguardo ma nessuno che le dicesse una parola.
La mattina quando sono arrivato dormiva 
di sicuro per la stanchezza di una notte passata in bianco e quando s’è svegliata
ha chiesto dell’acqua e allora mi sono avvicinato per dargliela
“Signora come sta?”
“Adesso bene, ma stanotte mi sa che avevo la testa per aria
e non capivo bene neanche dove ero e perché non fossi nel mio letto”
“Dev’essere stato l’effetto della morfina, mia moglie mi ha detto che cercava i suoi
e anche un certo Federico; è suo marito?”
“ Si, anzi no, non è marito perché non ci siamo mai sposati, è stato il mio uomo,
adesso si dice compagno ma noi non siamo mica comunisti,
non ci siamo mai interessati di politica”
Accenna un sorriso come avesse detto una battuta divertente.
La signora Alba ha rotto il femore e adesso è con noi nel reparto Ortopedia,
è già stata operata e adesso avrà qualche giorno di degenza prima che sia riportata a casa,
si capisce che sta soffrendo ma non si lamenta mai,
nonostante i suoi 89 anni è sveglia e parla un italiano corretto e a volte anche un po’ antico.
Ha le braccia con parecchi lividi e la pelle le avanza anche nelle gambe
che non si cura per niente di coprire anche in mia presenza.
In un ospedale non è possibile chiamare gli infermieri per ogni bisogno
per cui per le faccende semplici come dare l’acqua, tirare su il letto o aiutarla a mangiare
ci penso io che tanto sto lì con mia moglie e a volte ci prendiamo qualche confidenza
tanto che un giorno mi dice di sedermi vicino a lei che ha da raccontarmi una cosa.
“Sa Paolo, io ero una maestra e abitavo a San Rocco,
avevo una casa davanti alla stazione del treno,
appena finiti di studi magistrali sono rimasta orfana di entrambi i genitori
e forse proprio per questo ho trovato subito il posto nella scuola di fianco a casa.
Vivere soli non è una bella cosa
ma con gli anni mi sono abituata e stavo bene con me stessa e con i miei gatti
tanto che ho rifiutato le avances di alcuni uomini, persino il sindaco mi aveva trovato
un buon partito raccomandandomi di pensarci bene e non rifiutare ancora
ma io stavo bene così e sono arrivata signorina fino oltre i cinquant’anni.
Il paese non è grande e di treni ne passano pochi
per cui il bar che era alla stazione un giorno chiuse
e fu sostituito da una di quelle macchinette che distribuiscono bibite e merendine
e una che distribuisce caffè e cioccolata.
Tutte le settimane un uomo andava a rimpiazzare il venduto e io lo vedevo dalla finestra.
Lo smercio non doveva essere tanto e io pensai di dover aiutare quell’uomo
alto, sottile e dai gesti misurati e dai modi gentili,
dovevo fare qualcosa affinché non dovesse perdere quel lavoro
e allora la mattina invece di fare colazione a casa andavo in stazione
prendevo una di quelle merendine da mangiar subito e una per l’ora di ricreazione,
a volte ne prendevo anche di più per offrirle a qualche collega,
e anche a metà pomeriggio andavo far merenda o a sorseggiare una cioccolata calda.
Pian piano cominciai ad aspettarlo e quando arrivava mi offriva un caffè
e scambiavamo due chiacchiere finché lui non era costretto ad andarsene col suo furgone.
Era d’estate e la scuola era finita, una mattina mi presentai in stazione con due valigie
in cui avevo messo tutte le mie cose e quando arrivò si stupì nel vedermi pronta a partire
e mi chiese dove andassi, gli risposi che se era d’accordo sarei andata a vivere con lui.
Salimmo sul furgone e partimmo.
Avevo lasciato la scuola e vivemmo insieme nella sua casa,
lui andava via la mattina col furgone e io facevo le faccende di casa,
qualche ripetizione nel pomeriggio ai pochi ragazzi che avevano bisogno di fare i compiti
e quando tornava la sera curavamo l’orto dietro casa,
una vita semplice che ci ha visto felici per parecchi anni.
Una volta tornò a casa con un grande pacco e quando l’aprì ne venne fuori un gran televisore
che sistemammo nella saletta così a volte la sera invece di fare le parole incrociate
o leggere un libro accostavamo le poltroncine e guardavamo insieme qualche film,
io mettevo il braccio sul bracciolo e lui infilava la sua mano sotto la mia,
parlavamo poco ma quel silenzio era pieno di affetto, di rispetto, credo anche di amore.”
“Ma perché signora racconta queste cose a me che per lei sono uno sconosciuto?”
“Perché qualcuno deve sapere che ci si può voler bene anche rispettandosi,
lui l’anno scorso se n’è andato e prima di lasciarmi s’è scusato per avermi lasciato signorina
gli ho risposto che l’ho apprezzato anche per quello.
Vede signor Paolo, non c’è bisogno di essere smodati, l’affetto è anche nei piccoli gesti,
in un caffè preparato con cura, in una mano che ti sfiora o nelle coperte rimboccate,
noi abbiamo vissuto così la nostra vita e le garantisco che è stata piena,
Pensi che un paio di volte siamo andati anche a fare una gita e abbiamo dormito in un albergo
ma son cose che non fanno per noi, tutta quella gente che non ci saluta
e che se la saluti ti pare di essere scortese, quelle strade che non si conoscono
e quelle case in ci non sai chi ci abita, no, l’abbiamo fatto solo un paio di volte.
Dopo la dipartita del mio Federico ho vissuto da sola per un po’ di tempo
poi il fratello mi ha convinto ad andare in un ricovero per anziani,
ho lasciato a lui la mia casa e lui paga la differenza della retta
perché la mia pensione non è sufficiente a mantenermi alla residenza per anziani.
Vede signor Paolo, io so bene che alla mia età la rottura di un femore può essere letale,
sto soffrendo perché ho tanto dolore ma penso che presto potrò raggiungere il mio Federico
e ci potremo mettere insieme seduti su una nuvola tutta nostra
e guardare di lassù il sole che sale dal mare e cala dietro ai monti,
lui metterà una mano sotto la  mia e saremo ancora felici.”
Mi sono alzato dalla sedia a testa bassa per non far vedere le lacrime
che scendevano come da una fontana e mi son fiondato in bagno a lavarmi la faccia.