Uno
può pensare che il posto più normale per conoscere un chirurgo
sia
un ospedale e sarebbe un peccato dargli torto
e
difatti a Gavriel è proprio lì che l’ho conosciuto,
ma
non nelle sale delle funzioni professionali ma nel bar;
ero
seduto a prendere un caffè e lui mi ha chiesto se poteva sedersi
ho
alzato la testa dal kindle e ho visto che gli altri tavoli erano pieni
“Certo” “Grazie”
“Che
mestiere fa?“ “Il medico”
“Ma
va? Intendevo che medico è, che è dottore si vede dal zinale bianco”
“Chirurgia.
Lei perché è qui”
E
allora si comincia a discorrere, poi a ora di pranzo
ci
si ritrova nel ristorantino appena fuori dall’ospedale.
Ci
si incontra per qualche giorno all’ora del caffè e all’ora di pranzo
e gli prometto una uscita in barca per la
domenica dopo.
La
gente si incontra ma non si trova e invece pare che noi ci si sia trovati
si
direbbe empatia che è una parola venuta fuori sti ultimi anni
che
certo c’era da parecchio ma oggi la dicono anche gli analfabeti
e
una volta si diceva che ci si capisce anche con poche parole.
E
allora la pizza con signore del sabato sera, uscite in barca,
domenica
pomeriggio a casa sua in piscina
e
alla via così, “Domenica ti porto a vedere la nostra sinagoga, a proposito
anche da voi ce n’è una ma so che è sempre chiusa …”
Si
alza a prendere una scatola dalla libreria e poi si siede dietro la scrivania.
“Sono
ormai diversi anni che ci conosciamo e mi pare che sia da sempre, c’è una cosa
che ho tenuto sempre per me ma ultimamente ho dei dubbi se al momento quel che
ho fatto mi sembrava giusto
oggi
lo vedo diversamente e … insomma mi pare giusto ragionarci in due”
Apre
la scatola e mi fa vedere un pezzetto di
pelle,
un
rettangolo un po’ incartocciato, lo guardo, lui me lo gira
e
si vedono delle cifre un po’ sbiadite.
“Quando
mio padre morì ritagliai questo pezzo di pelle dal suo braccio,
noi
siamo ebrei ma lui non era mai stato proprio convinto,
era
una via di mezzo tra la tradizione ebraica e l’agnostia,
staccando
questo pezzetto volevo tenere per me
la
parte di lui che poteva ricordarmi la sua sofferenza maggiore,
certo,
potevo fare a meno di questa cosa
ma
continuare a vivere sapendo che in questo studio
c’era
ancora una parte di lui mi dava più forza
perché,
vedi, noi siamo stati altro che padre e figlio,
sono
diventato chirurgo perché lo era lui
anche
se non ero proprio convinto di fare il dottore
abbiamo
passato ore e ore in questo studio a parlare
del
nostro lavoro, dei pazienti dei loro malanni e di cosa fare,
a
confrontarci e anche a imparare a stimarci,
io
riconosco di essere un bravo chirurgo
e
per la verità lo riconoscono anche gli altri
ma
non sarei stato nessuno se non ci fosse stato con lui
quel
legame speciale che ci ha visti uniti in questa professione.
Adesso ho un’età per la quale penso spesso
se
sia giusto che lasci ai miei figli questa incombenza,
trasmettergli
cioè il simbolo di una sofferenza causata dall’odio
che
potrebbe essere motivo di nuovo odio da parte loro.
Mi
chiedo se sia ora di voltare le pagine dell’esperienza
per
far si che si possano aprire solo quelle della storia.
Insomma
è meglio che i miei figli possano dire
c’era anche mio nonno
con la eventualità che possano continuare
a
odiare chi ha commesso questi crimini
oppure
che leggano quel che è successo dai libri di storia
senza
essere coinvolti come discendenti?”
Alza
la testa e mi guarda come se adesso io dovessi dare
una
risposta immediata mentre io invece sto pensando
al rapporto che quest’uomo ha avuto col padre
che
poi è lo stesso che avrei voluto avere io e magari tanta altra gente
mentre
come figlio non ho potuto e come padre non ci son riuscito
e
adesso non so che figlio avrei potuto essere
e soprattutto che padre sono stato
ma
alla fine a cosa serve chiederselo e a cosa serve
darsi
una risposta se poi non c’è verso che s’arrivi a un rimedio
ammesso
che rimediare adesso abbia un senso.
“Senti
Gavriel, te mi metti a parte di ste tue faccende
e
adesso ti aspetti anche una risposta
che
non riuscirebbe a darti un filosofo e la vuoi da me
che
ho la terra sotto le unghie, io non lo so che cosa sia giusto,
so
però che se la risposta non la trovi da solo non sarà una risposta,
queste
cose si capiscono quando ci ragioni senza avere per la testa
altre
faccende e intorno altra gente che t’impiccia.
Quando
però l’avrai deciso mettila subito in pratica
altrimenti
ti rovini la vita dietro a sta roba qui”.
Ormai
di tempo n’è passato
lui
non me l’ha detto e io non gliel’ho chiesto
quando
avrà voglia mi dirà cosa ha deciso,
per
adesso si va in barca, in piscina e a mangiar pizze con signore.
Bella storia molto coinvolgente.
RispondiEliminaCiao Olga,
Eliminapensa io che c'ero nel mezzo!
Non mi sarebbe mai venuto in mente di tagliare la pelle di un genitore morto per tramandarne la memoria...ma perché no. E non saprei, in quanto nipote, cosa farmene di questo lembo di faticosa memoria. Però che bel dilemma, di quelli che ti contorcono l'anima.
RispondiEliminaBuon anno. Un abbraccio.
Mìgola
Non credo sia una scelta facile, tuttavia per molti anni chi subì le atrocità non trovò le parole per raccontare tanto odio e tanto dolore e non si può tacere quello che la storia ha scritto con atroci sofferenze della carne e dell'anima e il delitto di ridurre un essere vivente a un mero numero marchiato sulla pelle
RispondiEliminaConcordo Amanda, Gabri mi racconta del padre che senza dimenticare è riuscito a vivere con quel fardello tenendolo tutto per sè parlandone col figlio solo un paio di volte ma solo per accenni fatti davanti a un programma televisivo e d'altra parte lo stesso Gabri non si è mai azzardato a far domandee sull'argomento.
EliminaHo condiviso il tuo post con mia moglie e mio figlio di 20 anni. Tutti e tre abbiamo pensato che la testimonianza del nonno vada consegnata ai nipoti perché se non tramanda la memoria un familiare, chi deve farlo? Tre votu a favore, senza se e senza ma. Grazie del post, quel pezzo di carne rimarrà nelle nostre menti per sempre
RispondiEliminaGiorgio, non so cosa abbia deciso Gabri, non lo voglio neanche sapere, se avrà voglia me lo dirà lui ma se non mi dicesse niente sarei quasi più contento. Mettendomi a parte di questo suo dilemma ho apprezzato la stima nei miei confronti, la sua intelligenza e sensibilità, ad un amico non chiedo di più. Ciao Giorgio, son contento che abbia condiviso coi tuoi famigliari sta storia.
EliminaQuel che farei io sarebbe di dirlo, perché la memoria rafforza la storia, la fa rimanere reale. La storia studiata sui libri è astratta e lontana, non colpisce così come mi ha colpito questo tuo racconto. È una bella amicizia la vostra!
RispondiEliminaUn abbraccio
Nou
Ciao Nou, Ho letto che godi del profumo dei biscotti, c'hai 'na bella forza, io al solo profumo non resisti li ho da mangiare!
EliminaCiao Nou, son convinto che ti vorrò bene anche nel '21.
Ma! Non saprei. Io ho sempre amato ascoltare i racconti di mio padre sulla sua vita trascorsa. Mi sarebbe sicuramente piaciuto ascoltare i racconti di mio nonno, e se mi fosse arrivato un ricordo di lui, anche se un macabro lembo di pelle numerato, mi avrebbe fatto piacere. Ma come avrà fatto a conservare quella pelle? Sappiamo che ciò che era vivo e poi è morto è destinato ad andare in putrefazione.
RispondiEliminaCome ha fatto non so, e non so neanche se e cosa abbia detto ai figli. Ciao Kathe, hai ricominciato la scuola in presenza?
RispondiEliminaChe bello Paolo(Nucci Massimo) leggerti ancora qui a distanza di tanti anni dal nostro primo incontro da Blogger.Dopo il mio 2°intervento contro la ...bestia (il tumore) che fa spesso cambiare l'umore verso la vita e toglie momentaneamente la speranza per la sua continuazione positiva, spero di avercela fatta anche questa volta a sconfiggerlo.Stavo cercando i post dela mia amica Jasna, la prima che ho conosciuto qui come Blogger, ma purtroppo, vedo che li ha cancellati, da quando la sua situazione familiare è cambiata. Peccato! Erano molto belli e mi avevano aiutato a reagire positivamente alla mia prima battaglia vinta contro il tumore 12 anni fa.Un abbraccio e a rileggerci presto ancora anche qui
RispondiEliminaHo provato a cercarla ma non l'ho trovata nemmeno io.
RispondiEliminaTorneremo a leggerci e a commentarci. Ciao Lù.
Grazie Valeria, grazie davvero.
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