“Paolo, il
cappello”
“Cavolo,
m’ero scordato”
sono entrato
in chiesa dove c’è la funzione per la morte di Gigetto
la chiesa è
piena di gente, non ne riconosco manco la metà,
Gabriele sta
facendo il sermone e proprio in quel momento,
dice che con
lui e altri amici facevano delle “maialate”
poi si
corregge e dice che s’andava a mangiare il maiale appena conciato
“Eccone un
altro, vero Paolo?”
Io ho
lasciato Vincenzo in fondo alla chiesa e sono andato in cima dove di solito
stavamo noi
ma lì non
c’è nessuno e non faccio in tempo ad arrivare che Gabriele mi indica a tutti
Mi imbarazzo
un po’ perché tutti si girano verso me
“Vuoi dire
due parole per salutare Gigetto”
“No grazie,
me le sono già dette da solo”
Finisce la
messa e quando lui entra in sacrestia mi fiondo dentro anch’io
“Ma che
cavolo ti viene in mente a farmi parlare davanti a tutti”
“Lo sapevo
che non l’avresti fatto”
“Senti Gabri
son qui perché ho urgenza del bagno,
è da
stamattina che la tengo e non ne posso più “
“Vai, sai
dov’è?”
Appena esco c’è
la Cosetta che m’aspetta fuori dalla porta
“Che sei
andato a fare in sacrestia?”
“A pisciare”
mi dà del
vecchietto prostatico, come se lei fosse nel fior fiore degli anni,
poi arrivano
la Letizia, la Lisetta con Glauco e piano piano ci si ritrova in una decina
e scappa
anche qualche battuta e qualche sorriso presto interrotto.
Si va a
piedi fino al cimitero passando per il corso
e la gente
che da parecchio non mi vede mi saluta. Qualche parente lontana mi bacia anche.
Ad ogni
incrocio si defila qualcuno finché rimaniamo in una trentina.
In fondo al
corso ci sono degli idraulici che mettono a posto qualcosa,
uno di loro
accucciato c’ha mezzo culo di fuori e si legge la marca “Fila” delle mutande
ma che cavolo di moda sarà quella di mostrare
le chiappe alla gente!
Arrivati
vado a dare un’occhiata a babbo e poi a mamma
che è andata
nella tomba sua e non in quella di babbo perché ha sempre detto
“Lì manco
morta” come se ci fosse la possibilità di andarci da viva
e così
l’abbiamo messa tra i suoi.
Torno nella
chiesina e vado a salutare la Stefania (la moglie di Gigetto)
che prima ha
una esitazione e poi mi si butta al collo e grida
“Paolo! Che piacere vederti, Paolo, Paolo, Paolo” e
non finiva più di dirlo
finché la
Monica non la stacca e m’abbraccia lei
dico che devo andare perché non sto bene
“Vi telefono i prossimi giorni e parliamo un po’”
dico che devo andare perché non sto bene
“Vi telefono i prossimi giorni e parliamo un po’”
Avevo messo
la macchina al cimitero e m’ero fatto i due chilometri a piedi fino al duomo,
Prendo la
macchina e scappo a casa per una strada che è una vergogna chiamarla così
a ogni sobbalzo
sento il rene che fà più male e la colica salire,
appena
arrivato cerco la Meg che non c’e e prendo il voltaren e la siringa
e corro su
da Claudio a farmi fare una puntura.
Ecco, questa
è la cronaca della giornata.
Va chiarito
subito che Gigetto è il nome di battesimo, non un diminutivo,
il padre era
parecchio strano, intanto era invalido di guerra e stava su una sedia a rotelle
ma solo
quando andava in giro per il paese, quando stava dentro casa
e quando
andava in montagna camminava benissimo e Gigetto di lui non parlava mai.
La nostra
amicizia è cominciata che avevamo circa quindici anni
e è andata
avanti sempre, ultimamente non ci si vedeva, prima perché non c’era tempo
e dopo che è
stato male perché non avevo il coraggio di andarlo a trovare.
Abbiamo
passato nottate intere in piazza a fare cazzate,
qualche
cannone in società (dicevamo: “Si fa una cooperativa?”) e partite a calcio alle
tre di notte
finché la
gente non s’affacciava dalle finestre a urlarci di smettere,
lui si dava
due colpi alla pancia e rispondeva facendo delle scorreggione tremende.
“Zozzoni,
maleducati, andate a dormire che qui c’è gente che domattina lavora”.
“Oh Numa,
dove cavolo eri iersera?! abbiamo conosciuto tre di Gubbio
e le abbiamo
portare a casa, io e Enrico abbiamo combinato
poi a Gubbio
ci hanno fermato i carabinieri per un controllo e io gli ho dato il tuo nome”
“Ma sei
idiota!”
“Oh, io sono
sposato e se viene fuori che ero con una a Gubbio la Stefania mi fa nero”
“Cazzo
anch’io sono sposato”
“Non mi
ricordavo”
“ Ma se
m’hai fatto da testimone e anche gratis, senza obbligo di regalo”
Quando
eravamo ragazzi e s’andava a fare gite con le ragazze
lui metteva
la macchina fotografica sopra il plaid e metteva un cavetto per lo scatto
poi, quando
le ragazze la scavalcavano lui scattava.
Il giorno
dopo si sviluppavano le foto da me (m’ero fatto la camera oscura)
e lui
scartava quelle della Stefi perché
diceva che tanto lei era asessuata
poi invece la
Stefi se l’è dovuta sposare e la Monica e diventata la figlia di tutti.
A volte la Stefania
lo chiamava al telefono del bar alle due di notte
perché la Monica
non dormiva e noi le urlavamo di non rompere le scatole
“Che qui si
lavora, mica si dorme come a casa tua!”
Tempi
bellissimi, io ero sposato da poco e dopo cena facevo quaranta chilometri
per andare
al paese e tornavo a casa alle tre, mica potevo lasciare quei due da soli!
chissà
cos’avrebbero combinato; s’andava a Gubbio e s’era scalmanati
una volta
capitiamo davanti a un bar dove due avevano appena smesso di menarsi
a un certo
punto lui dice ad alta voce “Però le madri non si devono offendere”
Uno dei
litiganti chi chiede “Ha offeso mia madre?”
Lui risponde
“Non so, lo dicevano questi qui dietro”
Hanno
ricominciato a menarsi e volavano cazzotti meglio che in un film.
Come si fa a
non essere amici di uno così, ti divertivi a guardarlo,
parlava poco
ma quando apriva bocca potevi aspettarti di tutto
e non capivi
mai se era una cosa seria o una stronzata.
L’amicizia
non è solo fare comunella c’è dietro qualcosa che adesso
non so cosa
sia e che comunque mi sta mancando.
Finito, dopo
la trentina è cambiato tutto, non siamo cambiati noi,
è stato il
mondo che è cambiato, noi potremmo essere ancora quelli,
se ci
vedessimo la sera io, Gigetto, Enrico e
nonno Pallino saremmo sempre uguali.
Nonno Pallino a
novant’anni girava per il paese con noi
e ci raccontava la storia romana in notturna
e ci raccontava la storia romana in notturna
a volte c’era Buch (Bucefalo) che ha studiato da geologo,
noi gli
chiedevamo come s’é formato il petrolio e lui cominciava
“Dovete
sapere che centinaia di milioni di anni fa, durante il paleozoico…”
“Oh Buch,
sono le tre di notte se la fai lunga rimandiamo a domani”
E Buch non è
mai riuscito a spiegarci come si è formato il petrolio
perché tutte
le notti alle tre gli si faceva la stessa domanda
e lui lo interrompeva sempre dicendo che era tardi.
e lui lo interrompeva sempre dicendo che era tardi.
Era il tempo
in cui essere testa di cazzo era una qualità
e oggi
invece non ci sono più le teste di cazzo di una volta!
Questa è la foto di Gigetto in piedi su una sedia mentre legge i telegrammi al mio matrimonio, tra i pochi veri ne ha inseriti tanti fasulli "inviati" dalle nostre amiche innescando la mia prima lite matrimoniale.
Uh com'è triste perdere pezzi di vita per strada
RispondiEliminaCerto Amanda, da un po' mi succede troppo spesso, questo blog sta diventando una antologia di Spoon River.
RispondiEliminaPure la colica...stai meglio?
RispondiEliminaAdesso si ma ancora il calcolino non l'ho espulso
RispondiEliminasto bevendo come un cammello
e mi galleggiano le palle degli occhi.
Rido.
RispondiEliminaUn abbraccio!
Ciao, manco da troppo tempo ma sono praticamente stata assente dal blog per quasi un anno. Ecco, mi è successo quello che è successo a te, si è ammalata una cara amica , 59 anni di amicizia ininterrotta, un sacco di cavolate e un sacco di cose importanti fatte insieme, mi ha chiesto di starle accanto in questo anno di malattia e così è stato, abbiamo vissuto con lei l'ultima, terribile parte della sua vita. Se ne è andata a gennaio, lasciandoci un vuoto immenso...Si assomigliano tutte le storie alla fine...
RispondiEliminaUn abbraccio.
Antonella.
Ciao Anto, Ho notato la tua latitanza dal vostro blog, siamo ormai ad una età per cui o andiamo via noi o accompagniamo gli altri magari rimpiangendoli ma non son belle nessuna delle due cose.
RispondiEliminaCiao
Ricordi che non vanno persi, per fortuna; e dire che allora non c'era neppure facebook!
RispondiEliminaA dire la verità di FB mi sono un po' stuffato
RispondiEliminaUna gran fila di stupidaggini inframezzate da pubblicità e da grillini che parlano a vanvera
Dovrebbero fare le lapidi più grandi e su ognuna scriverci dei racconti come questo, almeno i cimiteri sarebbero pieni di visitatori divertiti che si ricordano solo dei momenti belli passati con chi è partito.
RispondiEliminaAl
Bella quesdta delle lapidi grandi, finalmente non ci sarebbero più gli epitaffi scritti a supponenti soloni.
RispondiEliminaUn Gigetto che ti accompagna, ti sostiene, ti copre, ti ama per una vita intera vale tutta la sofferenza della perdita. Qualche anno fa ho perso un amico a cui volevo un bene indicibile, una persona che per alcuni versi mi ha cambiato radicalmente la vita, mi manca tutti i giorni ma continuo a pensare che è peggio per chi non l'ha conosciuto.
RispondiEliminaMannaggia Cri, è come dice Amanda, perdiamo pezzi per strada.
RispondiEliminaCi si potrebbero fare film, con i tuoi pezzi di vita.
RispondiEliminaContinuo a pensare che hai vissuto, finora, una gran bella vita... non per quello che ti è capitato ma per come l'hai saputa assaporare.
La mia amica Carolina, giovane nonostante i suoi quasi cent'anni, diceva che, a una certa età, fanno più compagnia i morti dei vivi. Comincio a pensare che sia vero.
Ciao.
Guarda Sari, tutti quelli che hanno la mia età hanno vissuto abbastanza la vita da poterla raccontare, si tratta di mettersi davanti a un foglio e scrivere quel che è stata.
RispondiEliminaLa compagnia dei morti non mi dispiace, parlano poco, ascoltano parecchio e non giudicano mai. Grazie dell'inrevento.
Con quella dolce ironia dissacrante che non vuole prendersi troppo sul serio ma nemmeno nascondere la nostalgia dei tempi andati. Bello bello questo racconto .
RispondiEliminaHo idea che la maggior parte di noi ha nostalgia del passato, anche se oggi godo condizioni di vita molto migliori quel che mi manca è la consapevolezza di poter contare su un amico, non che non ne abbia o che non ci possa contare, ma allora avevo la certezza che non sarebbe mai finita oggi ho la consapevolezza che col trascorrere del tempo cambiano anche le cose. Gigetto m'è mancato ormai da tanto tempo ma la sua assenza aggiunge rimpianto al ricordo.
RispondiEliminaIl cavallo di brunilde ha postato un commento che adesso non vedo più e si chiede perchè le cose del passato sembrano più belle di quelle odierne.
RispondiEliminaIl fatto è, cari cavalli, che il nostro cervello è attrezzato (per fortuna) a dimenticare o annebbiare le cose brutte e poi le cose del passato sono legate alla nostra gioventù e l'esser giovani fa gola a chi non lo è più. Ciao Brunildi.
Ciao, Massimo!:-)
RispondiEliminap.s.
il mio nome è Giacinta:-) ( nel caso volessi chiamarmi, riferirti a me, ignorando l'avatar
Ti chiamerò Giacinta
RispondiEliminaAnch'io non avevo il coraggio di andare a trovare gli amici che stavano male...
RispondiEliminaAncora oggi non ne ho molto, però ora vado. La sofferenza è difficile.
Come sempre i tuoi racconti rappresentano la buona vita di quando eravamo importanti gli uni per gli altri e lo stare insieme comprendeva anche la presa in giro scherzosa. Si imparavano tante cose da quegli scherzi. Per esempio a restituirli, a non impermalosirsi e ridere di se stessi prime che degli altri, ad usare le stesse armi o fantasie di convivenza,. Una solidarietà e tolleranza di genere che non ricordo fosse di sudditanza. Era bello perché di fondo c'era il rispetto e l'attenzione a non oltrepassare i limiti. Certo tutti sapevano tutto di tutti...ma in fondo cosa c'era da nascondere?!
Un abbraccio
Nou
Ciao Nou, in effetti da nascondere non c'era niente ma eventualmente non sarebbe stato neanche possibile nascondere qualcosa perchè tanto era tutto in piazza. Ciao Nou
RispondiEliminaPezzi di vita. Ciao.
RispondiEliminaCiao Tizina, arrivata fresca in quest'isola.
EliminaGrazie.
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