domenica 5 maggio 2019

Pato


“Vale, io quello lo conosco, chi è, lo sai?”
“Certo, é Pato, ti ricordi di Pato?”
“PATOOO”
lui si gira e mi viene incontro e ci abbracciamo
“Ho riconosciuto la voce, sei quel monello di Numa,
ti ricordi che chiamavi tutti monello?”
Con la Valeria non si parla più da un pezzo di ricordi,
ci vediamo spesso, quando non sto bene a casa vengo a Verona a trovarla
ma con Pato che non ci si vede da una vita è diverso,
ci ricordiamo i pomeriggi passati al “Botegon del vin”
in fondo a via Mazzini e le corse nella pista  delle automobiline dietro l’arena.
Si chiamava (e per fortuna si chiama ancora) Patrizio Costi
e era della sezione A ma eravamo spesso insieme,
lui veniva nella nostra classe perché stava meglio con noi,
a scuola tutti lo chiamavano Pato,
era il nome che gli avevamo affibbiato io e Vecchietti
ma pochi sapevano il perché e quando il prof. di matematica Silipprandi
(detto Liutprando re dei Longobardi e primo re d’Italia)
gli chiese il motivo di quel soprannome
credendo che fosse l’abbreviativo di Patrizio, lui rispose
“Perché cago poco prof.”
Lì per lì il Liutprando, ci rimase un po’ male
ma poi cominciò a ridere e non si fermava più
roba da rotolarsi sulla cattedra ripetendo di continuo
“Costi Pato… Costi Pato … Costi Pato
Chi cavolo t’ha messo sto soprannome di merda?”
“Quei due stronzi prof”.