martedì 15 luglio 2014

A pera



Da quei primi anni settanta non ho più rivisto Marco
le nostre strade si son divise e non abbiamo più avuto modo di incontrarci
ma il ricordo di una profonda amicizia fatta di cazzate e goliardie
è sempre rimasto vivo.
Eravamo giovani e avevamo una gran voglia di divertirci
e lo facevamo con tutto quello che ci capitava di farlo.
Lui era figlio di un bolognese che, tornato dal Venezuela,
aveva comprato una cava di breccia che gli rendeva alla grande
e Marco lavorava lì  (si fa per dire)  anche se andava all’università
( e anche questo  si fa per dire).
La sera mi veniva a prendere e si partiva,
in inverno s’andava al Black & White dove c’erano le universitarie,
in estate s’andava in riviera da Fano a Rimini.
Di solito eravamo solo io e lui ma alle volte si aggregava anche Sandro
e allora si faceva un salto a Bologna a prendere il caffè
è vero che sono cento chilometri
ma a noi piaceva stare nella macchina a dire stupidaggini
a ascoltare la colonna sonora di Shaft
o a programmare improbabili futuri con la vincita di una schedina
che a dire la verità non giocavamo quasi mai.

A volte, la sera dopo cena, s’andava a Rimini a vedere le zoccole,
Marco aveva una 124 spider e toccava guidarla a me 
perché così lui stava dalla parte del marciapiede e riusciva a vederle da vicino.
Si faceva un primo giro per una rassegna generale
e poi il secondo per andare da quelle scelte,
Marco le chiamava e dopo due chiacchiere gli chiedeva di tirare fuori le tette
Quelle erano un po’ restie ma poi cedevano e le mostravano
“Oh Marco senti un po’ come sono”
Lui provava a allungare le mani ma loro lo stoppavano
“Guardare ma non toccare”
“Ma dai, me l’ha detto lui di sentire come sono che fastidio ti dà?”
Dopo una paio di palpate arrivava il responso che poteva essere
“Budino” ,“Gelatina”,” Camera d’aria gonfia/sgonfia”, ”Ovo sodo”, “ Sasso”…
Ogni volta una definizione diversa che ho idea che 
le studiasse durante il giorno alla cava del padre.
Poi per la forma c’era  “Coppa”, “ Tegamino”, “Mezza anguria/melone/arancia/melina”
“Melanzana” (me lo diceva piano sennò quella s’incazzava)
“Insalata riccia” che non ho mai capito come fosse 
ma doveva essere una faccenda vibrante”
“A pera Marco, ce l’ha a pera?”
“No, a pera no”
“Allora niente, scusi signorina, le cerchiamo a pera, ci dispiace arrivederci”
E via di corsa.
“Andate a palparle a vostra sorella teste di cazzo!”
Ci urlavano dietro montagne di insulti aiutate anche dalle altre
che una occasione simile per insultare i mancati clienti non se la facevano scappare.
Una sera che guidava lui,  si fa il solito giro
ma quando è ora di partire alla svelta la macchina tossisce e si spegne
lui la rimette in moto subito ma la signora  è più veloce della luce
e con una scarpa in mano comincia a picchiarmi
le altre si aggregano e mentre finalmente riusciamo a scappare
ci arriva in macchina di tutto, sassi, bottiglie e anche un tizzone acceso
che a momenti ci manda a fuoco i sedili.
Una sera d’estate però quelle a pera le abbiamo trovate
“ Ci andiamo?”
“Marco, lo sai che io a zoccole non vado”
“Manco se le ha a pera? E’ un anno che le cerchiamo e adesso ti tiri indietro?”
“Aspetta che ci parlo”
Dopo lunga trattativa la signorina sale in macchina e la porto sul lungomare.
Abbiamo fatto una camminata sulla spiaggia di almeno un paio d’ore
con lei tra noi a seno scoperto e noi a ridere come scemi,
in principio quando incontravamo qualcuno si copriva con le mani
ma poi ci deve aver preso gusto e stava con la schiena dritta
che pareva che con quelle due pere volesse sparare addosso alla gente
e rideva anche lei, felice forse per aver trovato qualcuno che non la volesse solo per cinque minuti.
Era il ’74 e le abbiamo dato 15 mila lire a testa che erano  la mia paga di un giorno
per Marco invece erano solo quei 2 minuti che servivano a sfilarli dal cassetto dell’ufficio.
L’abbiamo riportata al suo posto di lavoro e prima di partire ci ha dato un bacio a testa
e poi mentre la macchina si allontanava ci ha urlato dietro:
“Tornate, tornate”.