mercoledì 27 novembre 2013

Il bar



Sandro, volevi sapere com’era da noi? e allora te l’ho scritto
in modo che ti fai un’idea di come si vive in paese
te che sei sempre stato nella capitale.

Questa è una via di mezzo tra un paese e una città , un bel paesone di provincia che conta nove o dieci mila abitanti, dove ci sono tredici chiese e sedici bar.
Il bar qui è un prolungamento del soggiorno di casa, tutti passano da lì almeno una volta al giorno, magari solo per metterci la testa dentro ma la tappa è sacrosanta.
Il bar di Cucci è in piazza e la piazza è un altro luogo in cui il quotidiano passaggio è d’obbligo
tant’è vero che per darsi appuntamento si fissa solo l’orario, il posto si sa.
I fratelli Cucci sono due ragazzoni che, tornati dall’estero hanno comprato il bar,
è bello, esposto sud est e le mattine di primavera i pensionati stanno seduti di fuori
a godersi il primo sole, è ben tenuto e pulito, l’hanno rifatto qualche tempo fa
e per pagarlo alla svelta hanno smesso di fare gli scontrini.
Apre alle cinque e mezza di mattina perché a quell’ora passano due tartufari e un cacciatore
e per il vecchio Cucci  sarebbe un delitto perdere quei tre caffè,
la serranda è alzata per un metro circa e il vecchio tiene la scopa in mano
perché se entra qualche ficcanaso vede che lui sta pulendo.
Dopo, in mattinata arrivano i figli e gli danno il cambio.
I fratelli si assomigliano solo fisicamente, uno, Silvio espansivo e sorridente,
l’altro, Renzo, non ride mai e quando ti da il resto te lo da tanto a malincuore
che ti viene voglia di lasciarglielo. In ogni caso gli scontrini non te li danno nessuno dei due,
manco se ti sgozzi sul bancone.
Alle undici arriva il romanetto (ha una fabbrica di confezioni ma non ci va quasi mai tanto c’è la capo operaia che la manda avanti), è in paese da cinquant’anni ma ancora fa finta di parlare romano, si mette al bancone con Marcello (che di mestiere vende i cateteri agli ospedali),
Oscaretto (bidello fungaio e grande pescatore di tutto, anche di gamberi di fiume
che se ti prendono i guardapesca ti fanno un culo come un’ora di notte),
Valter Denti che si chiama così, per nome e cognome e fa il meccanico dentista
e ancora va a correre con la moto per i monti
e stacca la targa per non farsi riconoscere dalle guardie ecologiche,
Uliano (che indovina per chi votava il padre), mio fratello e qualche altro occasionale
tra cui io, (ma ormai che sono fuori non vado quasi più).
Quando si è fatto un numero congruo,
si incomincia il giro dei prosecchi, se ne paga un giro a testa e insieme a Silvio
si tira fino alle una, abbuffandosi di noccioline patatine e pizzette.
Il mercoledì che è giorno di mercato si cambia, Valter Denti
che ha il padre che vende il pesce vecchio (quello fresco non sa di niente) porta la frittura,
(da fritto il pesce puzza meno) il prosecco no, quello non cambia mai.
Una volta uno di fuori, amico di qualcuno, ha chiesto un caffè,
non solo Silvio non gliel’ha dato, ma per poco non lo buttano nella vasca di piazza
perché il caffè si beve fino alle dieci e solo al bancone, non nella saletta,
dopo c’è il prosecco!.
Verso mezzogiorno vengono gli impiegati del comune a prendere l’aperitivo
e raccontano i fatti di tutti, i segreti prendono il volo e fanno il giro della città.
Il bar dei Cucci è grande, di sotto ha due sale e sono sempre piene di gente,
d’inverno, quando non si può stare fuori fanno andar via i più antipatici,
non gli danno da bere e gli dicono di andare da Berti, l’altro bar di piazza.
Le mattine d’estate, invece, la gente sta fuori sotto i due tendoni
che di pomeriggio si tirano su perché il sole è andato via.
Ogni tanto i ragazzi più scalmanati prendono qualcuno di sorpresa
e lo buttano nella vasca che è in mezzo alla piazza,
una volta la funzione era molto frequente tanto che il sindaco la fece vuotare
e per poco non perde le elezioni.
Il primo pomeriggio c’è il padre e noi non andiamo mai, solo d’estate,
quando a casa le mogli ti annoiano, ti vieni a rifugiare da Cucci
e stai li fuori mezzo assonnato a far finta di leggere il giornale
per non farti rompere le scatole da nessuno.
Nelle prime ore del pomeriggio vanno a giocare a ramino sempre i soliti quattro o cinque,
vanno di sopra dove non li vede nessuno e ci stanno fino a cena,
poi tornano e vanno avanti fino a mezzanotte.
Tra loro c’è il comandante dei vigili al quale davano tutti del ”lei” e gli dicevano
“Lei comandante di carte non capisce un cazzo”,
questo succedeva prima che andasse in pensione,
ora che è pensionato non ci giocano più perché non c’è più gusto a mandarlo affanculo.
Dalle sei del pomeriggio si ricomincia solo che al posto dei prosecchi c’è la birra,
ma non si consuma molto perché non è bello farsi vedere in mezzo a piazza a bere
e allora si va all’ACLI, nella via dietro, che hanno il vino buono ed è più riservato
o da Squaquà a farsi una Cères, ogni tanto si torna da Cucci quasi per paura di perdere il posto,
si fanno due chiacchiere con quelli che sono li e poi si riparte.
Sulla porta c’è sempre qualcuno che sta li come una sentinella
e quando passa la bonona di turno mette dentro la testa e dice “arriva”,
è come un allarme, tutti, maschi e femmine si trasferiscono fuori a guardala passare in silenzio finché gira l’angolo della via e allora il silenzio si rompe e cominciano i commenti,
ognuno svela le cose più assurde che vorrebbe fare con quella cristiana.
D’estate, la sera dopo cena, mettono fuori i tavoli e occupano un terzo della piazza
anche se pagano 3 metri quadri di occupazione del suolo pubblico, 
c’è sempre qualche aiutante, di solito parenti, che costano meno
tu ordini qualcosa e se tarda e ti lamenti ti rispondono che sei li perché hai tempo da perdere
e allora perdilo senza rompere i coglioni altrimenti vai da Berti.
Una estate hanno fatto arrivare il gelato di soia e lo volevano dare a tutti
ma siccome ci eravamo passati la voce non lo comprava nessuno
e si arrivava al bar leccando il gelato di un altro, i Cucci erano incazzati neri
e non ci si poteva più parlare, quando ci vedevano arrivare col gelato ti dicevano
che non capivi una mazza perché la soia fa bene e non ingrassa.
Abbiamo riso due mesi di fila.
La televisione dai Cucci è importante, era un cimelio fino a pochi anni fa
ma poi si è rotta e allora volevano fare una colletta per rifarla nuova
ma poi si sono accorti che stavano esagerando e allora l’hanno pagata loro.
E’ un ventun pollici, tanto più grande non serve e sta sotto la scala
che porta di sopra, è talmente in alto che se la vuoi vedere è meglio stare in piedi
sennò ti viene il torcicollo, per cambiare canale tocca fare domanda in carta bollata
e se c’è il padre ti risponde che a quell’ora non danno nessun programma decente,
meglio se sta spenta.
I fratelli Cucci vanno in vacanza a Settembre, tutti insieme e sempre in Sardegna,
abbiamo sempre sospettato che affittano un nuraghe e ci si infilano dentro loro, le mogli e i figli.
Il bar resta chiuso ma le sedie stanno fuori perché in paese non si può cambiare bar,
se vai in un altro ti senti come forestiero in casa,
la compagnia non è la stessa e così non è bello
e poi quando tornano i Cucci ti guardano come un traditore.
Il bar è un posto speciale, quando compri casa, prima chiedi consiglio al bar,
per la macchina uguale, se poi fai di testa tua sei un idiota,
non puoi chiedere consiglio e poi non lo segui!
Li si organizzano le “godiole” che sono delle cene
solitamente sono a base di cacciagione che riporta il romanetto
dalla Russia o dalla Spagna, io manco quasi sempre, e anche mio fratello non c’è spesso 
ma la godiola la vanno a fare nel fondo di mia madre che da tempo ha gettato la spugna,
la chiave sta sotto il mattone, sullo scalino, loro arrivano, aprono fanno i cazzi loro
e poi se ne vanno e il giorno dopo mio fratello manda moglie e figlie
a dare una sistemata e a lavare i piatti che è roba da donne.
Mi viene in mente ora che quando ero soldato
i miei amici andavano a giocare a certe in camera mia
e mamma si alzava in vestaglia per cacciarli di casa ma loro insistevano
e rimanevano li fino alle due di notte,
quella poveretta non ha mai saputo cos’era la praivasi
ma ho il sospetto che in fondo non fosse poi tanto dispiaciuta.
Li, al bar, si organizza e si stabilisce il percorso del “rallì dei gallinacci”,
una corsa coi quarantotto (cinquantini) che ci vede passare a rottadicollo per le campagne
pieni di vino, sono più di vent’anni che la facciamo e st’anno non c’ero
perchè è da troppo poco che ho avuto l'infarto e quelli di casa s'incazzano.
Al bar non c’è una distinzione tra giovani e anziani, non esistono generazioni,
tutti si conoscono e trovi sempre uno con cui parlare,
è un bel posto e l’essere distante a volte mi rattrista,
ormai sono vecchio e sono stato fuori così tanto che c’ho fatto l’abitudine,
ripenso sempre volentieri al bar anche quando era di Paolo
e Bruno Totti, il vecchio padrone, grande amico di senatori DC,
che quando si incazzava diceva sempre ”vvivaddio! Ti mando in Sardegna!”
e una volta a un carabiniere ce l’ha mandato per davvero.


Questo è il bar di Cucci, ognuno ha il suo,
io ho questo ed è così come te l’ho raccontato.
Ciao

17 commenti:

  1. 'Sto bar di Cucci viene voglia di andarci :)

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  2. Troppo bello questo post. Io abito in un paese e quando ero ragazza sulla piazza principale si affacciavano tre bar con le loro caratteristiche peculiari e i loro clienti. Purtroppo, da anni ormai, è tutto cambiato: i giovani hanno la macchina e non si fermano più in paese, la crisi ha fatto il resto e uno dopo l'altro hanno chiuso i battenti; ne rimane uno che però si è trasferito e la piazza è vuota. Mi hai fatto ricordare tante cose, in particolare i tavolini dei tre bar che occupavano quasi tutta la piazza e ognuno girava le sedie in modo da dare le spalle all'altro. Altri tempi, almeno qui da me.
    Paola

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  3. Ciao Massimo, spero che questo commento venga pubblicato per chè quelli che ti ho scritto nei post precedenti non sono riuscita a pubblicarli.

    Io abito in un paese vicino a quello di Paola, e anche qui abbiamo i nostri bar che hanno fatto la storia. Anche qui abbiamo il bar che affaccia sulla piazza e quando era ragazza era praticamente la nostra cosa, li ci si conosceva, ci si frequentava...lì siamo cresciuti...era sempre pieno di ragazzi e ragazze ed invadeva tutta la piazza..adesso il bar c'è ancora, purtroppo sono le persone che non ci sono più, le fabbriche hanno chiuso, le famiglie se ne sono andate...ogni volta che ci passo davanti, soprattutto alla sera, mi viene una tristezza tremenda, è sempre vuoto o peggio c'è giusto una persona o due seduta davanti a una birra malinconica ( il che , per me è ancora peggio che vederlo deserto ) le luci sono basse, c'è un aria di desolazione e mi sembra di vedere i fantasmi dei ragazzi che siamo stati seduti ai tavolini...come dice Paola, altri tempi...
    E' triste vedere il proprio bar e il proprio paese morire.

    Ciao, spero che tu possa leggere questo commento.
    Antonella

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  4. E' proprio il classico bar di paese, di quelli che c'erano una volta e di cui non si poteva fare a meno. Io vivo in una città di 30000 abitanti; non è grande, ma abbastanza per avere molti bar e nessuno come quello che descrivi. Ci sono però paesetti qui vicino in cui i bar potrebbero essere simili al tuo. Molto simpatico e colorito il tuo racconto. Pare proprio di essere lì anche noi!

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  5. Non ci posso credere che sia ancora così il bar!!
    A memoria ve n'era uno nel paese dove sono nata (vicino Venezia), che però all'epoca era intedetto alle ragazze, ma in città non ho avuto questa fortuna, anche se, leggendo ...è un bar solo per uomini!!

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  6. Oooooh...finalmente.
    Ma dov'eri??
    Mi mancavano cose come questa: "ora che è pensionato non ci giocano più perché non c’è più gusto a mandarlo affanculo".
    Troppo bella.

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  7. Quanta vita in un bar di paese! Io sono di Napoli, ed i miei genitori avevano un bar-pasticceria nel centro storico della città. Quando uscivo da scuola, non tornavo a casa, dove non avrei trovato nessuno, ma al bar. Lì trascorrevo il resto della giornata, lì studiavo anche quando ero alle superiori e solo gli ultimi due mesi dell'ultimo anno, studiai a casa per l'esame di stato insieme ad una compagna.Al bar avevamo il juke-box che suonava con le monete da cinquanta (una canzone) e cento lire (tre canzoni). Bei tempi.Praticamente ho trascorso la mia gioventù in piena libertà (nel migliore dei modi, intendo), perché uscivo facilmente per qualche piccolo impegno, avevo amiche ed amici, e collaboravo anche nel lavoro.Ciao MASSIMO, mi è molto piaciuta la narrazione e mi ci sono identificata.Tutto il mondo è paese.

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  8. Ricordo che da ragazza avevo sempre l'ansia quando nella bella stagione passavo davanti a un bar, perchè i "giovanotti" sedevano ai tavolini esterni e non lesinavano i commenti ad alta voce sulle fanciulle.
    Io ero di una timidezza imbarazzante, e un semplice "ehi ciao bella" mi mandava in confusione.
    Magari me lo dicessero adesso!...ma ormai non c'è più speranza ;)

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  9. Amanda, Censorina, Antonella,
    Ketherine, Adriana, Gioia,
    Ciaolili, Sontyna
    In tutte voi è tornato ilrcordodel vostro bar o di quello del vostro paese
    e mi dite tutte più o meno che non c'è più un bar così
    è possibile che non ci sia più,
    ma è anche possibile che siamo cambiati noi
    che siamo noi a non vivere più il bar.
    Comunque questo è ilmio, ditemi del vostro
    e facciamo un blog dove ciscuno di noi parla del suo bar
    e a te Sontyna' "ciao bella gnocca!" hahahaha

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  10. Ricordo una versione di questo bar più ricca di dettagli e meno "morigerata" con qualche nome camuffato, qualche personaggio, riconoscibile in più, ma nel tuo stile scorrevole e "pittorico" nel ritrarre luoghi, situazioni e personaggi. Quando l'avevo letto mi aveva risvegliato il ricordo triste della mia infanzia a Gavirate(VA) dell'osteria dove si fermava sempre il mio babbo prima di tornare a casa dal lavoro in ferrovia e da cui usciva quasi sempre un po' brillo. Oggi invece mi ha ricordato l'osteria del paese dove sono nata e vissuta fino a 3 anni dove mi portava il mio nonno e per farmi stare buona mi "pucciava" un pezzo di pane nel vino del suo bicchiere e mi diceva" pà e vì fa un bèl bambì" ;) Forse hai proprio ragione: siamo proprio noi ad essere cambiati non i bar

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  11. Ciao Massimo, rieccoti alle tue atmosfere un po' datate ma veramente coinvolgenti. Una carrellata di umanità varia e la vita del paesotto, pervasa da quel senso di comunità che purtroppo, secondo me, si è perso.
    Bravo Massimo, sempre a cavallo tra la nostalgia e il gusto scanzonato della battuta!

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  12. Pure qui il bar non dà lo scontrino e neppure il pizzaiolo, come il gelataio e il pasticcere. Mio marito dice che lì non ci vado più. Niente caffè, gelato, pizza, pastina ecc. Così io gli dico che allora si vuol mettere proprio in astinenza di tutto. Ho un parente che ha un bar, non qui, ma sempre in veneto e non dà mai scontrini. Qualcuno ne fa a qualche ora per quanto reddito ha deciso di dichiarare e poi lo butta nel cestino :)
    Hai descritto esattamente la tipica vita maschile nei paesi. Ah!, dimenticavo!, nel bar del mio parente non vado da quando ha messo tavolini e poltroncine giusto da un lato e l'altro del passaggio di entrata: che si chiavino!, gli stronzi avventori, il mio parente e pure la zoccola di sua moglie!, non farò certo la passerella ahah
    Ciao, sempre incisivo nel raccontare cronache quotidiane :)
    Un saluto
    Nou

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  13. Felice di aver fatto ricordare qualcosa anche a voi.
    Nou, più nessuno dà scontrini perchè per dar scontrini toccherebbe vendere e anche parecchio
    se vendi poco e una metà lo devi dividere non è possibile.
    E comunque sarà evasione, ma quella grossa non è questa, la grossa evasione è ben altra.
    Ciao a tutte monelle, alla prossima settimana.

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    1. Vero Massimo, l'ho ben fatto a mio marito lo stesso discorso. Per mettere le cose a posto devono abbassare le tasse e farle pagare a tutti, mah...chissà!?

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  14. Un bel quadretto, mi offri un caffè?

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