lunedì 19 novembre 2012

Aldino

A casa mia non c’erano tanti soldi, anzi diciamo pure che ce la passavamo maluccio.
Nonna Gemma faceva la sarta e mamma la maestra d’asilo dai preti
per un piatto di minestra e niente marchette.
Nonno, l’ufficiale d’anagrafe, ci aveva già lasciati
e lo rimpiangevano più gli amici che i parenti.

Tra le clienti di nonna c’era una signora che a volte veniva a casa nostra
e si metteva sul divano dove sopra c’era lo specchio inclinato verso il basso,
io cercavo sempre la posizione migliore per guardarle la scollatura riflessa
praticamente andavo sotto il tavolo a far finta di giocare con qualcosa.
Mi era simpatica la signora, parlava sempre del suo Aldino che era bravo a scuola,
che sapeva fare questo e quello, che era intelligente, ma era sempre solo
e non giocava mai con gli altri bambini e mi invitava a casa sua a fargli compagnia.
Un giorno nonna decise che le insistenze della signora potevano essere soddisfatte
e, con le scarpe buone e i pantaloni corti appena stirati, mi accompagnò di là dalla Flaminia
per mandarmi su per il vicolo fino all’immenso portone del palazzo degli Angeloni.
La prima volta che mi presentai a casa loro mi fecero fare merenda col pane spalmato di cioccolata.
Per me, che quando andava bene, sopra il pane ci mettevo acqua e zucchero
(quando c’era nonno anche qualche goccia di vino), era una vera goduria,
una cosa da raccontare a Bongo e al Bociolo che col pane ci mangiava le mele.
Nella stanza di Aldino, (solo sua!) c’era un baule di giochi
che, per me che avevo un solo giocattolo all’anno, era una roba dell’altro mondo.
Ricordo ancora le automobili di latta, non quelle piccole che regalavano a me,
quelle grandi coi poliziotti americani col cappello, disegnati di fronte e di profilo,
un elicottero con le scritte in americano, una barca con la carica
che se la mettevi nell’acqua andava davvero,
i soldatini, tanti, ma talmente tanti che ci si stancava a metterli in fila.
Io cercavo di giocarci, ma ogni gioco che prendevo mi veniva tolto di mano
e Aldino mi spiegava come si usava e diceva che era prezioso e non si poteva rompere
e subito lo rimetteva a posto nel baule.
Se prendevo gli sciangai, appena cominciavo a giocarci, arrivava lui
e, anche se sbaraccava tutto, diceva di aver vinto,
non parliamo delle spade: io dovevo sempre morire!
Ogni volta che tornavo a casa raccontavo tutto a nonna che diceva
“Basta, è l’ultima volta che ci vai”
 ma, il giorno dopo, mamma voleva che tornassi dalla signora,
perché quelle merende così a casa non me le sognavo nemmeno
e alla mia età ci volevano proprio.
La cosa andò avanti per qualche settimana.
Io ormai non toccavo più neanche un giocattolo,
appena arrivavo mi mettevo al tavolo e, dopo la merenda,
mi sedevo per terra a guardare Aldino che mi faceva vedere come si fa questo e quel gioco
e anche a pallone, in giardino, mi toccava tirarglielo in modo che lui gli desse di testa
e, siccome non ci prendeva mai, diceva che glielo tiravo male.
Se si palleggiava contro il muro, lui non ci riusciva
e diceva che io avevo il posto migliore o che il suo pezzo di muro era storto.
Era un po’ grosso e quindi si muoveva malamente.
Una volta saltò due scalini e chiamò la madre per farle vedere,
ma, al momento della ripetizione del gesto atletico, cadde
e per poco non si ammazza contro la consolle del pianerottolo.
A me venne da ridere e la madre mi disse che non dovevo insegnargli quei giochi triviali:
“La gente perbene per giocare usa i giocattoli!”.
Tornato a casa feci il solito resoconto a nonna,
per ridere ancora delle fenomenali prodezze di Aldino,
ma, quando riferii che avevo mangiato la crescia (pizza bianca salata col rosmarino)
con la mortadella in mezzo, lei si alzò da davanti alla macchina da cucire e disse:
“ Non è possibile, la crescia fa companatico da sè!”
(questa frase diventò famosa in casa nostra tanto che ancora la usiamo:
voleva dire che la crescia si mangia da sola senza aggiungere altro)
e, rivolta a mia madre: “Questa è l’ultima volta che va da quegli spreconi,
non è così che si tirano su i figli”.
Il lato socialista di nonna era prepotentemente emerso:
io non andai più a trovare Aldino, tornai a far merenda con pane e zucchero,
ma almeno andavo in fondo al campo del nonno del Bociolo
a fare le capanne con le frasche in riva al fiume
e , quando arrivava Bongo, si mettevano le “paine” col vischio
per prendere i passeri e i lacci per le lucertole.
Vennero i sedici anni e tutti i miei compagni avevano il motorino,
ma io, Bongo e il Bociolo naturalmente no,
però  lavoravamo alacremente intorno alla vecchia lambretta di Pino, il padre del Bociolo,
per trasformarla in un go kart, che ovviamente non venne mai alla luce
e ancora la settimana scorsa ho trovato il manubrio nel fondo di mamma.
Aldino però s’era fatto comprare una Aermacchi 125
e con quella correva come un pazzo per le campagne
tanto che le donne quando sentivano il rumore correvano a togliere i figli dalla strada.

Era il periodo in cui cominciavamo a perdere le giornate intorno al biliardo del bar
e alla sera verso le sette si faceva vivo Aldino che con la moto faceva il giro di piazza,
Ondo si metteva sulla porta e quando lo vedeva urlava verso l’interno del bar:
“Arriva Profirio Pipirosa su Aermacchi!!”
Allora noi uscivamo e gli facevamo un applauso.
Una sera che era troppo freddo lo abbiamo guardato da dietro i vetri della porta,
lui ha fatto due giri di piazza, ma noi non siamo usciti
e da quella sera non ne abbiamo saputo più niente per un bel po’ di tempo.
C’è stato un periodo (un anno o due) che Aldino frequentava il bar e pagava da bere a tutti,
purché gli stessero intorno,
ma un giorno che si permise di passare avanti
a uno che era arrivato prima di lui,
Silvano gli  disse che, se voleva il caffè doveva andare al bar di Berdoli,
che quelli come lui stanno bene lì, perché “In questo bar gli amici non si comprano!”
(altra frase ormai famosa e inserita nel lessico cittadino),
Non gli era stato mai simpatico e aveva trovato una scusa per toglierselo di torno.
E Aldino non si vide più per un altro po’.
Di lui ho saputo che ha fatto l’università in una città grande, credo Milano,
ma non so che cosa abbia studiato,
che si è sposato con la Giuseppina, una nostra compagna che si sbatte da tutte le parti
e ha pure avuto un figlio o due.
Dicono che scrive libri o giornali, pare non esca mai di casa e non abbia amici,
 ma con i mezzi che ci sono ora, forse se n’è fatto qualcuno telematico.
Chissà che cavolo gli farà credere e che spiegazioni forbite darà su tutto,
perché lui sapeva tutto e quello che non sapeva se lo inventava
e poi chiedeva conferma alla madre che, ovviamente, confermava.
Mi accorgo ora  che non ho detto del padre.
Il sor Angeloni veniva al bar e stava spesso con noi fino a tardi anche se eravamo ragazzi,
perché lui, prima delle due di notte non andava mai a casa,
tanto, diceva, che là a casa sua, c’era quella lì col suo bamboccio…

Recentemente però ci siamo ritrovati con Aldino: era entrato in compagnia con noi
e aveva fatto anche una cura dimagrante, che per poco ci lascia le penne,
stava parecchio in disparte ed era un po’ chiuso,
sorrideva delle cazzate che facevamo a cui lui partecipava raramente,
ma questo è un’altra storia che vi racconterò in seguito
Nel frattempo ho rivisto il giudizio su Aldino, cresciuto sotto le sottane della madre
e, per questo, schivato dal padre e sono arrivato alla conclusione che
non dev’essere certo stato un bel crescere per lui!


19 commenti:

  1. Povero Aldino, schiavizzato dalla madre, con un padre debole e nulla da conquistare... neppure gli amici, che pensava di comperare.
    Quella macchinina della polizia è tua? Se sì dev'essere ben robusta, non eri mica come Aldino, tu. Tu giocavi a più non posso!
    Bel racconto, come gli altri... com'è piacevole conoscere una persona attraverso il suo raccontare.
    Ciao.

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  2. Bello questo racconto vissuto. Mi ricorda la mia infanzia. Io ero figlia di operai e avevo una compagna di scuola ricca il cui padre era proprietario di fabbrica. Un giorno mi portò a casa sua, mi fece vedere la camera dei genitori e io le chiesi dove fosse il suo letto. Mi portò in una cameretta dove dormiva con la tata. Mi sentii ricca perchè io dormivo in camera con mamma e papà. Altri tempi..
    Paola

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  3. Forte tua nonna!! Mi sarebbe piaciuto parlare con una nonna così e conoscerla naturalmente, ma è la stessa della storia del petardo con la bellissima conclusione: "risponde piano: "E anche fosse?"
    Doveva essere una persona con una grande sensibilità e empatia, tanto da capire che una merenda nutriente e buona non valeva certo il sopruso e i dispetti di un ragazzino così viziato nei tuoi confronti. Insomma non a torto aveva capito che li si respirava aria malsana, e se il povero Aldino non vi si poteva sottrarre, tu invece si.

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    1. Veramente informatori segreti mi hanno riferito che il nostro amico ha già pronto da tempo il ritratto di nonna Gemma, ma non è ancora soddisfatto di come l'ha descritta, perché dice che non rende l'idea del bene che si sono voluti. In realtà in tutti i suoi racconti c'è sempre la presenza di nonna Gemma da cui credo abbia ereditato anche la sottile ironia che traspare dai suoi racconti. Sì decisamente un modello di nonna da imitare

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    2. Ciao Luigina, leggo sempre volentieri i tuoi commenti. Dì al nostro narratore, visto che lo conosci bene, di non lasciarsi prendere dall'ansia di deluderci... digli del pericolo di perdere quella spontaneità che nel suo raccontare è perziosa.
      Ciao!

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    3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    4. ok... aspetto fiduciosa il racconto di nonna Gemma :) ..in quanto al bene che si sono voluti, già è emerso negli altri racconti!

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  4. Grazie a tutte tre per la pazienza che usate nel leggermi.
    fra un paio di settimane posto qualcosa su nonna.
    Ciao e grazie ancora.

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  5. Che bel racconto, mi sa che quest'inverno, se ci fai trovare la stufa accesa, staremo tutti intorno seduti con te ad ascoltarti.Sto cucinando, per timore che bruci tutto, interrompo.Ma ritorno fra un po'.Lili

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  6. Eccomi qua.Il tuo racconto mi ha fatto ricordare un racconto di mia madre che più o meno ha qualcosa di simile alla tua esperienza con Aldino. Lei anche aveva un'amica benestante, figlia unica piena di bellissimi giocattoli. Su invito dell'amica ad andare a casa sua per vedere queste meraviglie, mia madre non si fece pregare due volte ed andò.La bambina amica mise uno scatolone sul tavolo e si sedettero l'una di fronte all'altra; a mano a mano che i giocattoli le venivano mostrati, le arrivava da sotto il tavolo, un calcio nello stinco.Inizialmente mia madre pensò che la cosa fosse capitata involontariamente ma poi continuando, ebbe conferma che l'amichetta lo facesse apposta per una strana malignità e soddisfazione di vederla soffrire. Così mamma, si affrettò nel dire che doveva ritornare a casa e le chiese di essere accompagnata alla porta, dove con uno strattone la tirò fuori e gliele suonò di santa ragione.Ciao MASSIMO, buona serata! Lili

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  7. Che bel filò attorno ai tuoi racconti Massimo! Dove abitavo io, l'unico bambino figlio di ricchi era Carlo. Il padre era il medico di famiglia. Ha frequentato la seconda classe elementare e poi è sparito. Poi c'erano i figli dei proprietari terrieri che si davano un po' di arie perché erano più cafoni di noi, insomma niente di rimarchevole. Ricordo con piacere l'infanzia senza troppe differenze sociali.
    A presto con episodi e profilo biografico di tua nonna Gemma.
    Ciao Nou

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  8. Ormai è impensabile non venire a leggere i tuoi ricordi, Massimo.
    A parte la figura di nonna Gemma, che ha un posto d'onore, ci sono molti elementi interessanti: la differenza fra le classi che però porta all'emarginazione del bimbo che ha tutto, ma che è solo: la gioia del gruppo, più povero, sì, ma che sa divertirsi insieme.
    Ben scritto! Bravo Massimo:)
    Buona giornata,
    Lara

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  9. Ragazze,
    io vi giuro che poche volte mi son sentito così gratificato,
    il vostro volontariato è encomiabile
    se mi fossi rivolto alla protezione civile
    non mi avrebbe tirato su il morale
    come state facendo voi
    Grazie anche da parte dei miei famigliari.

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  10. Una nonna fantastica!! Ma sai che questo Aldino mi fa un pò pena? Certo che una madre così ...qualcuno ce ne liberi..Mi ha colpito una parte del racconto, dove si andava da alti "benestanti" per mangiare meglio. Vedevo arance spremute e dovevo succhiare le bucce..fu così che odiai le arance ed ora mi sono indigeste:-) Un saluto ed aspetto il seguito.

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  11. Massimo, chi ti ha fatto quel bel fotomontaggio? Non dirmi che l'hai fatto tu... no... sarebbe troppo...
    Che idea originale!
    Buonanotte.

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  12. E' vero. I figli dei ricchi non erano più felici degli altri e, spesso, si sentivano soli. Noi, a casa nostra, eravamo gente semplice, ma venivano tutti molto volentieri a trovarci e i figli dei ricchi, che a casa erano sempre inappetenti, mangiavano a quattro palmenti le merende fatte di pane e marmellata casalinga prodotta da mia madre.
    E poi, quando siamo diventati grandi, almeno eravamo sicuri di essere amati per noi stessi e non per i soldi di papà.

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  13. Mi è sembrato di leggere una pagina del libro "Cuore"o dei "ragazzi della via Pal"complimenti, un bellissimo racconto che si legge con grande curiosità e trasporto.
    Aldino credo sia riuscito a rendere infelice qualsiasi persona abbia attraversato la sua strada, non è stato educato all'altruismo e alla condivisione, quindi credo che i rapporti telematici abbiano appagato il suo ego,luoghi d'incontro dove si è tutti belli ed intelligenti.
    Sono convinta che dagli aspetti semplici della vita, nascono i sentimenti più veri ed autentici.Una buona domenica

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  14. Ah, che bel racconto, Massimo, me lo sono goduto, riso e sorriso, sia per come sai raccontare le cose, che per i fatti in sè. Penso che nella nostra fanciullezza, tutti abbiamo conosciuto un Aldino.
    Il mio si chiamava Concettina,più di super peso, direi obesa , dato che i suoi vendevano
    generi alimentari e lei , sentite, sentite, poteva mangiare provola e mortadella quanta
    ne voleva.C'era Ciccio, che diceva: adesso vado e chiedo- cos'è questa?- Loro rispondono
    -provola- ed io prenderò un pezzo e me lo mangio. Mi avete detto di provarlo....
    Ciao, al prossimo!

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  15. riri, nonna saràcontenta dell tuo apprezamento,
    appena la vedo glielo dico, (non proprio subito)
    Sari, ebbene si, l'ho fatto io.
    Katherine, sono certo chese qualcuno mi ha amato NON E' PER SOLDI
    non credo di avre delle qualità umane che passeranno alla storia,
    ma per soldi davvero no.
    Janas, spero tanto che questo autore non sia eliminato dai commenti.
    Alessandra, io non credo che i rapporti telematici riescano a nascondere quel che siamo,
    il testa di cazzo prima o poi emerge anche da dietro uno schermo.
    Teresa, perchè non mi parli di Ciccio e della Concettina,
    scrivi un po' anche tu che sai fare.

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